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TRASFERIMENTO DI AZIENDA: per la qualificazione dell’operazione e la determinazione delle conseguenze giuridiche prevale l’analisi dei fatti in concreto
Cass. Civ., Sez. lav., 24/03/2017, n. 7686
Consiglio Stato, sez. III°, ordinanza n. 1152/2017 depositata il 13/3/2017
C’è trasferimento di azienda ogni volta che a seguito di operazioni societarie di vario tipo (cessione, scissione, fusione, affitto, usufrutto) il titolare dell’attività viene a mutare ma l’attività economica preesistente mantenga la propria identità.
La giurisprudenza comunitaria ha affermato a più riprese che il criterio decisivo per stabilire se sussista un trasferimento consiste nel fatto che l’entità in questione conservi la sua identità; per determinare se questa condizione è soddisfatta occorre prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di trasferimento, tra cui in particolare il tipo di impresa, la cessione o meno degli elementi materiali, eventualmente degli edifici o dei beni mobili, il trasferimento o meno della clientela, il tipo e la quantità di attività trasferite, il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione. Questi elementi devono essere valutati congiuntamente ed in concreto.
In conformità ai principi enunciati dalla Corte di giustizia, la Corte di Cassazione nella sentenza 7686/2017, ha proceduto ad un’analisi in concreto dell’operazione societaria messa in atto per arrivare ad escludere che si fosse trattato di un trasferimento di azienda.
Il caso prende le mosse dall’affidamento ad una società cessionaria di un ramo di azienda dell’appalto per la pulizia e la manutenzione di un complesso universitario precedentemente affidato ad un consorzio, società cedente il ramo di azienda.
La Corte di Cassazione ha osservato che l’attività svolta in precedenza dal Consorzio cedente non era limitata al solo servizio di manutenzione e pulizia del polo universitario, ma comprendeva soprattutto tutte le attività funzionali allo gestione degli spazi e dei servizi di mensa, del ristorante, del bar, del Parco, degli impianti sportivi, nella gestione e nella raccolta di finanziamenti per lo svolgimento delle attività stesse. La Corte inoltre ha rilevato come i beni immobili prima locati al consorzio fossero tornati nella disponibilità del Comune, che aveva concesso l’uso solo di poche aule, che il servizio di guardiania del Parco fosse stato affidato ad un Ente ulteriore.
La Corte conclude nel senso che la mera ripresa di una parte dell’attività svolta dal consorzio, limitata al solo servizio di pulizia e manutenzione esclude che possa ritenersi conservata l’entità dell’attività economica prima svolta dal Consorzio cedente, per cui conclude escludendo la sussistenza di un trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.
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Di cessione di azienda è stata chiamata ad occuparsi ripetutamente anche la giurisprudenza amministrativa, per esempio in relazione al mantenimento o meno dei requisiti di cui alle attestazioni SOA in capo all’impresa cedente.
Anche in ambito amministrativo la giurisprudenza ha affermato che in linea di principio va escluso qualsiasi automatismo decadenziale conseguente alla cessione del ramo di azienda, affermando che occorre avere riguardo alla causa in concreto del negozio di cessione e al sottostante regolamento di interessi voluto dalle parti, in tutta la sua ampiezza, complessità e particolarità, per determinare se la cessione dei beni aziendali comporti, o meno, la perdita dei requisiti di cui alle attestazioni SOA in capo alla cedente.
Se ancora una volta il principio è quello di un’analisi in concreto dell’operazione di cessione, vero è che il quadro giurisprudenziale è comunque ampio ed articolato; frequentemente nell’analisi in concreto dei fatti i giudici sia di primo grado che del Consiglio di Stato, sono approdati a conclusioni contrastanti nello stabilire se una vicenda dovesse qualificarsi come cessione di ramo di azienda o come cessione di meri cespiti contrattuali.
Con l’ordinanza 1152/2017 il Consiglio di Stato ha ripercorso la giurisprudenza dei giudici amministrativi dando conto del contrasto giurisprudenziale cui approda la magistratura pur prendendo le mosse da un medesimo principio; il Consiglio di Stato inoltre si è domandato se la vicenda contrattuale, indipendentemente dalla qualificazione come cessione di azienda o di meri cespiti aziendali, sortisca effetti decadenziali automatici delle attestazioni SOA in capo alla cedente indipendentemente da uno specifico provvedimento di decadenza
Rilevando anche su quest’ultima questione un ampio contrasto giurisprudenziale la III sezione ha ritenuto di devolvere la questione all’Adunanza Plenaria, chiarendo altresì la propria opinione ovvero che non ogni trasferimento di ramo aziendale comporti, sempre e comunque, l’automatica decadenza della qualificazione, potendosi sostenere ciò solo nell’ipotesi in cui il cedente abbia perso la consistenza aziendale che gli aveva permesso di ottenere la certificazione.