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Sviluppo APP medicali su commissione: il trasferimento dei files sorgente e dei files esecutivi
Corte di Cassazione, n. 19335 del 15 giugno 2022
I dispositivi medici sono sempre più spesso software, stand alone oppure incorporati in altri prodotti o dispositivi.
Lo sviluppo del software viene affidato frequentemente dal fabbricante di DM ad un soggetto terzo, prestatore d’opera; il rapporto è regolato da un contratto che in molti casi si limita a disciplinare gli aspetti economici del rapporto senza tenere nella dovuta considerazione la regolamentazione della proprietà intellettuale o industriale del software. Spesso la paternità ed i diritti patrimoniali non vengono disciplinati compiutamente; d’altra parte, può non rivelarsi semplice in considerazione del fatto che il software
- può essere tutelato in base alle norme sul diritto d’autore e quindi come proprietà intellettuale
- oppure può essere oggetto di domanda di brevetto se presenta le caratteristiche della novità, della originalità, è idoneo ad un’applicazione industriale e offre una soluzione ad un problema tecnico.
In relazione poi al diritto d’autore va considerata la distinzione tra files esecutivi e files sorgente; è frequente che i contratti non distinguano tra i due tipi di files e che, di conseguenza, il soggetto che realizza il software su commissione rifiuti la consegna dei files sorgente, ritenendo come dovuti solo i files esecutivi.
In ambito DM la mancata consegna dei files sorgente può comportare non pochi problemi al fabbricante, il quale si potrebbe trovare nella difficile posizione di non potere apportare modifiche o miglioramenti al software e quindi al DM, senza la collaborazione del soggetto che ha sviluppato il software.
Recentemente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19335 del 15 giugno 2022, si è pronunciata proprio in merito al tema della tutela delle opere dell’ingegno realizzate su commissione da autori prestatori di lavoro autonomo, con particolare riguardo alla disciplina dei files esecutivi e files sorgente.
Il caso pratico
La pronuncia trae origine dall’affidamento da parte di un’azienda farmaceutica a un’agenzia di comunicazione e marketing della realizzazione di files grafici esecutivi, relativi a immagini di confezioni, foglietti illustrativi e materiale pubblicitario inerente ai farmaci importati e commercializzati.
Al termine del rapporto tra le parti, durato dal 2006 al 2012, l’azienda farmaceutica decideva di agire in giudizio al fine di ottenere la consegna da parte dell’agenzia grafica non solo dei files esecutivi realizzati su commissione, ma anche dei files sorgente.
Il Tribunale di Milano condannava in primo grado l’agenzia grafica alla restituzione dei files sorgente, ritenendo l’azienda farmaceutica come esclusiva titolare di ogni diritto su di essi.
La sentenza di primo grado veniva impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Milano, che ritenendo la sussistenza di un contributo creativo in capo all’agenzia grafica, ne stabiliva anche la relativa attribuzione dei diritti sui files sorgente, previa corresponsione di un equo corrispettivo.
L’azienda farmaceutica decideva pertanto di presentare ricorso in Cassazione, in virtù della presunta insussistenza dei presupposti della creatività e dell’autonomia dell’autore dell’opera.
La Corte di Cassazione, ripercorrendo le fila del ragionamento logico-giuridico effettuato dalla Corte d’appello si è soffermata sui concetti di creatività ed autonomia dell’autore previsti dall’art. 1 della legge sul diritto d’autore (legge n. 633/1941), ritenendo che risulti meritevole di tutela anche l’opera caratterizzata da un “modesto grado di creatività”.
La Corte ha inoltre affermato l’importante distinzione tra:
- File esecutivo (c.d. Corpus mechanicum) commissionato, elaborato e consegnato all’azienda farmaceutica,
- File sorgente (c.d. Corpus mysticum) aperto e modificabile, ma non consegnato alla committente,
- Software oggetto di apposita licenza di cui l’agenzia grafica si è avvalsa e concettualmente distinto, nel caso di specie, dal file esecutivo, in quanto non rappresentava il frutto del lavoro dell’agenzia.
In particolare, la Corte affermava il riconoscimento di una componente di originalità nell’elaborazione da parte dell’agenzia grafica dei files sorgente, tutelabile dalla legge sul diritto d’autore, e ne esaminava la conseguente titolarità.
Nello specifico, la Cassazione, menzionando una precedente sentenza (Cass. Sez. I. Sent. n. 8433 del 30/04/2020), evidenziava il principio generale secondo il quale: il committente è titolare in via esclusiva dei diritti di sfruttamento economico delle opere dell’ingegno realizzate su commissione dal lavoratore autonomo, spettando a quest’ultimo, in qualità di autore, il solo riconoscimento dei diritti morali.
Nel caso in esame, tuttavia, la Corte ha ritenuto che in assenza di espresse clausole contrattuali e di adeguata allegazione probatoria, non fosse in alcun modo configurabile l’elaborazione di “un’opera dell’ingegno”, consistente nel file sorgente.
Di conseguenza, la Cassazione ha rigettato il ricorso individuando come unico oggetto della prestazione contrattuale la consegna dei files esecutivi, già correttamente trasmessi dall’agenzia grafica all’azienda farmaceutica.
In conclusione, richiamiamo l’attenzione sull’accento posto dalla Corte di Cassazione sulla mancanza di clausole contrattuali ad hoc e di conseguenza sull’importanza di disciplinare nei contratti di commissione di opere quali i software gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale o industriale nonché la sorte dei files sorgente.