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Le strutture sanitarie devono provare non solo l’adozione di procedure di prevenzione ma anche la loro concreta applicazione

26/10/2023
Cass. Civ.,, sez. III, 13/06/2023, n.  16900

La struttura sanitaria non deve solo provare di aver predisposto i protocolli necessari per la prevenzione delle infezioni nosocomiali, ma anche di averli specificamente applicati nel caso concreto.

Si può sintetizzare così la regola di principio espressa dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in oggetto.

I Giudici di Piazza Cavour sono recentemente intervenuti sul tema dell’onere della prova per le strutture sanitarie in caso di risarcimenti danni per le infezioni nosocomiali, precisando puntualmente le prescrizioni da adottare (e da dimostrare).

Nello specifico, il caso riguardava il decesso di un neonato provocato da un processo infettivo causato da un batterio presente nel reparto di terapia intensiva prenatale di un’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale dove il neonato era stato ricoverato immediatamente dopo il parto.

I genitori del neonato citavano la struttura sanitaria per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria, ritenendo che fossero stati rispettati da parte della struttura gli ordinari standard di prevenzione delle infezioni ospedaliere.

Di diverso avviso la Corte d’Appello che, investita della questione, condannava la struttura sanitaria al risarcimento dei danni in favore dei genitori.

Più esattamente, i Giudici di secondo grado - valutata certa l’origine nosocomiale della infezione (evidenziata questa dalla consulenza tecnica esperita nell’ambito del rispettivo procedimento penale) – rilevavano come la struttura sanitaria non avesse provato l’applicazione dei protocolli volti a prevenire le infezioni, pur avendone allegato l’opuscolo descrittivo degli stessi.

Il caso arriva così davanti alla Corte di Cassazione, che, oltre a confermare la posizione assunta dalla Corte d’Appello, precisa esattamente gli oneri probatori gravanti in capo alla struttura.

I Giudici rammentano infatti che in tema di inadempimento di obbligazioni in materia sanitaria, il danno-evento consiste nella lesione del diritto alla salute. Ciò significa che ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del debitore (ossia della struttura sanitaria) per l'inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, “è onere del danneggiato (ossia i genitori) provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica, o l'insorgenza di nuove patologie, e la condotta della struttura, mentre è onere di quest'ultima provare la causa imprevedibile e inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione” ( ex multis Cass n 5490 del 22/03/2023, n).

L’argomentazione della Corte di Cassazione si fonda quindi sui principi del su indicato riparto dell’onere probatorio e con particolare riferimento alle infezioni nosocomiali sottolinea che “spetterà alla struttura provare: a) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l'insorgenza di patologie infettive; b) di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico.” (nello stesso senso Cass. Civ. ord. 26091/2023).

Al riguardo, la Corte con lodevole minuzia elenca proprio gli oneri probatori che – in generale- possono dimostrare l’applicazione dei protocolli di prevenzione da parte della struttura, ossia:

  1. l'indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
  2. l'indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
  3. l'indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
  4. le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
  5. le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
  6. la qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento;
  7. l'attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
  8. l'indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori;
  9. le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;
  10. l'indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
  11. la sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
  12. la redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
  13. l'indicazione dell'orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.

È dunque evidente che l’ordinanza della Corte di Cassazione abbia il pregio non solo di evidenziare il principio dell’onere probatorio ma, soprattutto, di offrire alle strutture sanitarie una perfetta guida di allegazione probatoria in tema di infezioni nosocomiali.

Ma non è tutto.

Ad avviso di chi scrive, dalla pronuncia in oggetto si può ricavare un principio generale direttamente relativo all’attività di gestione delle strutture sanitarie.

Ogni struttura sanitaria, al fine di sottrarsi ad una eventuale responsabilità, non può solamente  limitarsi alla mera predisposizione delle procedure e protocolli di prevenzione ma alla concreta applicazione delle stesse e, verosimilmente, tale indirizzo dovrebbe essere seguito per tutte quelle attività che – all’interno di una struttura - necessitano a monte di una organizzazione procedurale.