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REVOCA DELL'AGGIUDICAZIONE: quando puo procedere la Stazione Appaltante ?
Cons. Stato, III°, 29/11/2016, n. 5026
Può una P.A. annullare discrezionalmente un provvedimento amministrativo? E' lecito per un’amministrazione revocare un'aggiudicazione ed, in caso affermativo, per quali ragioni lo può fare? Tutte domande molto interessanti ed, oggi, anche foriera d’importanti conseguenze economiche, tenuto conto della possibilità di richiedere il risarcimento dei danni.
Nel caso di specie un'Azienda Ospedaliera Universitaria revocava l'aggiudicazione della fornitura di materiali e apparecchiatura medica ed il TAR periferico non aveva avuto dubbi circa la correttezza della revoca, reputando perfettamente valida l’autotutela posto in essere dall’amministrazione.
Il Consiglio di Stato, al contrario, giunge alle opposte conclusioni e lo fa proprio scrutinando il corretto esercizio del potere di autotutela.
La possibilità di revoca dei provvedimenti amministrativi (si veda L. 241 del 1990) è lo strumento preordinato alla “rimozione”, con efficacia “ex nunc” (ovvero non retroattiva), di qualsiasi atto amministrativo che abbia efficacia durevole; tale potere, tuttavia, postula una valutazione d’opportunità da parte della P.A., con l'evidente rischio che il potere diventi “libero arbitrio”.
Il rischio di un eccesso di discrezionalità, infatti, impone che l'amministrazione ponderi rigorosamente tutti gli interessi contrapposti, in quanto l’annullamento di un’aggiudicazione -ancorchè legittima - minerebbe il cd. “principio del legittimo affidamento” sancito dalla stessa Corte di Giustizia Europea.
Al fine di limitare appunto tali conseguenze, il Consiglio di Stato detta, nella succitata sentenza, alcune regole valide per le PP.AA. ovvero:
1) la possibilità di “rimozione” del provvedimento solo in ipotesi eccezionali e solo a seguito di
2) una rinnovata istruttoria che riveli la assoluta inidoneità della prestazione inizialmente richiesta alla concorrente.
Tali due principi ovviamente non vogliono far altro che escludere il semplice “ripensamento” da parte della P.A., ciò proprio a tutela dell’imparzialità e trasparenza che le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici necessitano.
Nel caso de quo, inoltre, la P.A. aveva completamente omesso di comunicare all’aggiudicataria che avrebbe avviato un procedimento volto al “ritiro” della sua aggiudicazione, non dando così alcuna possibilità a detta società di tutelarsi e difendersi al riguardo, né aveva proceduto a rinnovare l'istruttoria, o ad accertare se il macchinario oggetto di fornitura fosse effettivamente (o meno) inidoneo.
Detta revoca, quindi, si configurava più come un “ripensamento” della P.A. che come un’effettiva esigenza di carattere tecnico-funzionale al buon andamento della gara e dell'interesse pubblico.
L’esito del giudizio d’appello è dunque il completo ribaltamento della pronuncia di 1° grado, con conseguente declaratoria d’inefficacia del contratto stipulato con la “nuova” società ed obbligo al subentro nell'appalto da parte della primigenia aggiudicataria.
La risposta alle domande iniziali è dunque negativa, ovvero una stazione appaltante non può decidere a proprio piacimento se e quando revocare un legittimo provvedimento di aggiudicazione, necessitando al contrario non solo di un corretto iter procedimentale (avviso d’apertura del procedimento d’annullamento, nuova istruttoria sull’interesse pubblico sotteso a detto provvedimento ecc.) ma anche - e soprattutto - di una corretta ponderazione dei contrapposti interessi in gioco, al fine di far prevalere quello che motivatamente risulta preordinato rispetto agli altri.