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Il rapporto fra assicurazione della struttura sanitaria e assicurazione del medico: i chiarimenti della Cassazione
Cass. Civ., III, 21/11/2019 n. 30314
Il tema dei rapporti fra la polizza assicurativa di responsabilità civile verso terzi della struttura sanitaria e la polizza assicurativa di responsabilità civile professionale personale del medico è, da sempre, particolarmente dibattuto.
In caso di sinistro, infatti, il rischio è quello di una querelle, spesso molto accesa, fra le due Compagnie al fine di determinare quale debba fornire copertura e, soprattutto, in quale misura.
Nel caso di specie, vi era una struttura sanitaria, convenuta in giudizio assieme al professionista – collaboratore della stessa in regime libero-professionale – da una paziente che lamentava un danno alla salute.
La struttura sanitaria aveva, a propria volta, provveduto a chiamare in causa la Compagnia di Assicurazione che la tutelava per la responsabilità civile verso terzi la quale, tuttavia, aveva eccepito l’inoperatività della polizza, richiamando una norma dell’articolato contrattuale nella quale, sostanzialmente, si diceva che la polizza della struttura operava soltanto in secondo rischio (ossia oltre il rischio coperto dall’assicurazione personale del medico) e, in ogni caso, per le somme eccedenti la franchigia di € 750.000 se a provocare il danno in discussione fosse stato – come nel caso in esame - un medico non dipendente.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda risarcitoria formulata dalla paziente e condannava la struttura, in solido con il medico, a provvedere al risarcimento, con contestuale condanna della Compagnia di Assicurazione della struttura sanitaria a tenere indenne quest’ultima.
La Compagnia di Assicurazione impugnava la pronuncia di cui sopra in appello e la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado, respingendo la domanda di manleva proposta dalla struttura sanitaria e ciò in ragione del fatto che riteneva operativa la clausola contrattuale di cui sopra e la franchigia ivi prevista laddove il danno fosse stato cagionato da un medico non dipendente.
La struttura sanitaria proponeva, infine, ricorso per cassazione e la Corte si pronunciava con la sent. n. 30314/2019 qui in esame.
I giudici della Corte di Cassazione hanno riformato la sentenza d’appello ritenendo che la Corte fosse, di fatto, incorsa in un macroscopico errore interpretativo:
“(…) Affinché un contratto di assicurazione possa operare in eccesso rispetto a un’altra polizza assicurativa, è necessario che i due contratti coprano il medesimo rischio (…). L’assicurazione della responsabilità civile del medico operante all’interno di una struttura sanitaria ha a oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall’assicurazione della responsabilità civile della struttura in cui il medico si trova a operare (…). Una assicurazione personale della responsabilità civile del medico copre (…) il rischio di depauperamento del patrimonio di quest’ultimo. L’assicurazione della responsabilità civile della clinica, invece, copre il rischio di depauperamento del patrimonio della struttura sanitaria. I due contratti sono diversi, i due rischi sono diversi, i due assicurati sono diversi: e a nulla rileva che tanto la responsabilità della clinica quanto quella del medico possano sorgere dal medesimo fatto illecito, che abbia causato in capo al terzo il medesimo danno (…)”.
In conclusione, pertanto, la sentenza pronunciata in appello è stata cassata e la Compagnia di Assicurazione della struttura chiamata a risarcire integralmente il danno lamentato dalla paziente, senza applicazione di alcuna franchigia collegata alla natura di dipendente o meno del collaboratore che, materialmente, aveva cagionato il danno.