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Può considerarsi valida un’offerta economica di zero euro?
Corte Giustizia UE, 10/09/2020, causa C 367/19
La definizione generale di appalti pubblici contenuta all’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2014/24 fa espresso riferimento a "contratti a titolo oneroso stipulati [.] tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi".
Ciò significa che, in via di principio, si definisce “contratto pubblico” quello mediante il quale ciascuna delle parti s’impegna ad effettuare una prestazione quale corrispettivo di un’altra prestazione.
L’esistenza infatti di una “prestazione” (da parte dell’operatore economico) nonché di una «controprestazione» (da parte dell’amministrazione aggiudicatrice) configura quel ‘rapporto sinallagmatico’ che costituisce, per il diritto comunitario, l’elemento decisivo per valutare la validità e genuinità del contratto pubblico.
Tuttavia la necessaria natura d’”onerosità” del rapporto convenzionale significa che una delle prestazioni debba – per forza - essere un corrispettivo “in denaro”? In altri termini la controprestazione della P.A. deve necessariamente assumere la natura di pagamento di un prezzo, oppure sono consentite anche forme alternative, ritenute comunque valide?
La Corte di Giustizia, nell’affrontare la questione sollevata dal giudice del rinvio, il quale poneva la questione se l’offerta di un concorrente in una gara dovesse obbligatoriamente avere un “valore” (non potendo quindi essere ammesso chi formulava un’offerta pari a “0”), ha fornito una risposta molto interessante.
Infatti, a fronte della richiesta se fosse ravvisabile “l’onerosità del rapporto contrattuale” anche nel caso in cui la P.A. non era tenuta a corrispondere alcun pagamento, ma l’operatore economico (attraverso l’esecuzione del contratto) poteva ottenere l’accesso ad un nuovo mercato e a referenze, ha risposto positivamente.
In altri termini la Corte di Giustizia ha chiarito come il carattere “sinallagmatico” del contratto (essenziale perché si rientri nella nozione di appalto pubblico) non deve necessariamente consistere nel versamento di una somma di denaro, ma la prestazione può essere “retribuita” attraverso diverse forme di corrispettivi (ad esempio con il solo rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del servizio).
Da ciò consegue che l’amministrazione non possa escludere in via diretta un’offerta solamente perché presenti un importo di 0 euro, ma al contrario è tenuta a chiedere spiegazioni e chiarimenti in merito all’importo indicato dal concorrente, seguendo l’apposita procedura da attuare in caso di riscontro di offerte anormalmente basse.
Pertanto, alla luce delle predette considerazioni, la Corte di Giustizia ha ritenuto perfettamente conforme ed in linea con la direttiva in materia di contratti pubblici un’offerta che – seppur presentando un prezzo pari a zero – è stata proposta con l’intento di ottenere l’accesso ad un nuovo mercato di riferimento.