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La prova giudiziale delle somme illegittime percepite dalla banca
Di recente la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 11543/2019 con riguardo al riparto dell’onere della prova nei giudizi civili che coinvolgono i soggetti titolari di rapporti di conto corrente. L’impatto della pronuncia è notevole poiché specifica, con auspicata e inedita chiarezza, quali prove il correntista debba fornire al fine di agire o resistere in giudizio contro il proprio istituto di credito.
In via generale, l’onere della prova è previsto dall’art. 2697 c.c. e implica che chiunque voglia far valere o negare l’esistenza di un diritto debba fornire prova dei fatti che ne costituiscono il fondamento. In particolare, il correntista che intenda far valere l’invalidità delle clausole contrattuali deve essere in grado di dimostrare la fondatezza delle somme che richiede in restituzione. In caso contrario, laddove quest’ultimo, pur adducendo (fondatamente) la violazione di un diritto, non riesca a fornire elementi utili per dimostrare l’esistenza dei pagamenti illegittimi, l’effetto processuale non potrà essere che quello della soccombenza.
Per meglio circoscrivere l'ambito di "utilità" del presente contributo, occorre innanzitutto fare due puntualizzazioni preliminari.
Va in primo luogo precisato come il principio e le regole contenute nella intestata pronuncia siano applicabili nel caso in cui la parte che fa valere un credito non sia in grado di produrre tutti gli estratti conto corrente relativi al rapporto (N.B.: tale “lacuna documentale” può derivare, non solo dalla mancata disponibilità di quegli estratti più risalenti nel tempo, ma anche dalla circostanza, piuttosto frequente, in cui si disponga di una sequenza ad intervalli trimestrali irregolari priva di continuità cronologica). Questo perché - secondo giurisprudenza granitica - l’adempimento di tale onere è sufficiente affinché le parti ottengano il riconoscimento delle proprie ragioni, a prescindere dal fatto che il credito sia domandato in giudizio dalla banca o dal correntista.
Deve in secondo luogo osservarsi come quanto verrà nel proseguo specificato riguardi esclusivamente l’ipotesi in cui il correntista contesti l’illegittimità delle clausole contrattuali e, per l’effetto, l’addebito di interessi e/o spese usurarie, anatocistiche e/o illegittime. La pronuncia, pertanto, non troverà applicazione laddove il correntista ometta di contestare la validità delle clausole contenute nel contratto di conto corrente e/o nei relativi contratti collegati (es. apertura di credito, anticipo fatture ecc.)
Fatte queste premesse preliminari, la giurisprudenza di legittimità, in presenza delle due citate condizioni, ha inteso elaborare il seguente principio di diritto in materia di onere della prova:
“Nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultra-legali a carico del correntista, la banca ha l'onere di produrre gli estratti conto a partire dall'apertura del conto. La banca non può sottrarsi all'assolvimento di tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, dal momento che l'obbligo di conservazione della documentazione contabile va distinto da quello di dar prova del proprio credito. Qualora però sia il correntista ad agire in giudizio, per l'accertamento del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall'istituto di credito, sarà tale soggetto, attore, a doversi fare carico della produzione dell'intera serie di estratti conto” (Ex multis: Cass. n. 10692/2007; Cass. n. 23974/2010; Cass. n. 1842/2011; Cass. n. 19696/2014; Cass. 7972/2016; Cass. n. 13258; Cass. n. 9365/2018; Cass. n. 23313/2018; da ultimo, la più recente Cass. 25373/2019)
Anche se questo principio giurisprudenziale risulta da tempo condiviso in sede di legittimità, la portata innovativa della pronuncia in commento sta invece nell’averne esplicato, in termini inequivoci, i relativi corollari applicativi. Di conseguenza, in stretta osservanza alle valutazioni svolte dalla Suprema Corte, cercheremo, di riassumere in maniera “utile”, la portata applicativa del principio, suddividendo l’analisi nelle due ipotesi che potrebbero interessare la posizione processuale del correntista.
La prima ipotesi è quella in cui il correntista sia convenuto in giudizio dalla banca per il pagamento di somme insolute (si pensi, al mancato pagamento di assegni, di debiti derivanti da carte di credito ecc.). Il correntista, nei casi in cui la banca non depositi in giudizio l’intera sequenza degli estratti conto o non riesca a provare in altro modo il credito, potrà chiedere al Giudice di applicare la sanzione del c.d. “saldo zero” (ad es. in un rapporto con durata ventennale rispetto al quale la banca ha depositato gli estratti conto fino al decennio anteriore, il correntista, se il primo estratto effettivamente depositato riporta un saldo negativo di € 60.000,00, potrà ottenere uno “stralcio” del debito per l’importo corrispondente). L’effetto di tale sanzione sarà quello di ridurre il credito bancario in misura eguale al saldo negativo indicato nel primo estratto conto depositato in giudizio dalla banca oppure negli estratti conto successivi ad ogni singola interruzione rilevata nella sequenza cronologica degli estratti conto. La banca, peraltro, non potrà più evitare l’operatività della sanzione eccependo ai sensi dell’art. 2220 c.c. il decorso del termine decennale di conservazione delle scritture contabili, dal momento che “l'obbligo di conservazione della documentazione contabile va distinto da quello di dar prova del proprio credito”.
La seconda ipotesi è quella in cui il correntista non abbia alcun insoluto ma convenga in giudizio la banca per la restituzione delle somme dalla stessa illegittimamente percepite. L’onere di produrre in giudizio l’intera sequenza degli estratti conto in tali casi è posto a carico dello stesso correntista (non sarà dunque applicabile la sanzione del c.d. “saldo zero”), per cui occorrerà produrre tutti gli estratti conto relativi al periodo di applicazione degli addebiti illegittimi. In caso contrario, l’eventuale saldo negativo indicato nel primo degli estratti conto depositati oppure negli estratti conto successivi ad ogni singola interruzione rilevata nella sequenza cronologica degli estratti conto, dovrà considerarsi valido (nell’esempio di prima, il saldo negativo di € 60.000,00 indicato nel primo estratto conto depositato dal correntista, dovrà considerarsi dovuto a prescindere dalla effettiva invalidità delle clausole contrattuali).
Onde evitare tale esito processuale negativo (molto frequente nella prassi giudiziaria, avendo spesso le parti molte difficoltà nel reperire tutti gli estratti conto relativi al proprio rapporto), il correntista che non dispone di tutti gli estratti conto potrebbe depositare in giudizio una perizia tecnica (o qualsiasi altro documento utile in tal senso) che, tramite un confronto delle condizioni contrattuali e degli estratti conto comunque depositati, possa fornire al Giudice validi “elementi che consentano di affermare che il debito nel periodo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che addirittura in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso” (con riferimento alle azioni “concrete” da porre in essere in questa ipotesi la disamina pratica di questa ulteriore questione non potrebbe prescindere da una prudente e approfondita valutazione del fatto concreto).
In conclusione, la pronuncia in commento ha fatto finalmente chiarezza su alcuni aspetti controversi che di seguito si riassumono:
- se è la banca ad agire in giudizio per l’adempimento di un debito, e questa non produce tutti gli estratti conto (o non riesce in altro modo a provare l’esistenza del proprio credito riferito al periodo non documento), dovrà azzerarsi il saldo eventualmente positivo indicato nel primo estratto conto depositato oppure negli estratti conto successivi ad ogni singola interruzione rilevata nella sequenza cronologica degli estratti conto
- se è il correntista ad agire in giudizio per la ripetizione di somme illegittimamente pagate, e questo non produce tutti gli estratti conto (o non riesce in altro modo a provare l’inesistenza, anche parziale, del credito della banca relativo al periodo non documentato) dovrà considerarsi valido il saldo eventualmente negativo indicato nel primo estratto conto depositato oppure negli estratti conto successivi ad ogni singola interruzione rilevata nella sequenza cronologica degli estratti conto.