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Prezzo a base d'asta "troppo alto": è possibile contestarlo chiedendo al giudice una CTU
Cons.Stato, sez. V°, 28/8/2017 n. 4081
La sentenza in commento affronta una tematica molto interessante e finora oggetto di scarsi interventi giurisprudenziali: è possibile sindacare la scelta compiuta dalla S.A. nella predeterminazione del prezzo a base d’asta e, se sì, entro quali confini?
La procedura in questione riguardava l’affidamento – secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - del servizio di “trattamento, stampa e consegna delle comunicazioni con data certa” relative alla tassa rifiuti, indetto dalla AMA S.p.a. per la durata di 3 anni.
La ricorrente, 2° classificata, proponeva impugnazione avverso l’aggiudicazione a favore del RTI composto da Poste Italiane S.p.a. e Postel S.p.a., lamentando come la “costruzione del bando di gara” e, nello specifico, la determinazione della base d’asta (nonché le modalità fissate per il confronto comparativo tra le offerte) non le avessero consentito d’aggiudicarsi la procedura, nonostante la sua offerta scontasse un ribasso di circa 2 milioni € dall’importo di gara.
In altri termini veniva eccepito come la P.A. avesse fissato una base d’asta “troppo alta”, del tutto sproporzionata rispetto al prezzo di mercato dei servizi dedotti, e che tale errata determinazione, unitamente all’elevato punteggio assegnato ai profili qualitativi ed allo scarso punteggio invece del requisito-prezzo, avessero portato alla vittoria un’offerta di 7.300.000 €, mentre la seconda graduata aveva formulata una proposta di poco superiore ai 5.500.000 €.
La ricorrente lamentava quindi la violazione dell’art. 89 del D.lgs. 163/2006 e chiedeva la nomina di una Consulenza Tecnica d’Ufficio che si “sostituisse” all’Amministrazione per la determinazione di una base d’asta in linea con i prezzi di mercato, richiesta rigettava dal TAR ed invece pienamente accolta dal Consiglio di Stato.
Veniva così richiesto all’ente Verificatore d’accertare il corretto prezzo dei servizi in gara per poter poi verificare se la discrezionalità di cui gode la S.A. nella predisposizione del prezzo fosse stata correttamente esercitata.
In tal modo il Consiglio di Stato ha accertato che effettivamente esisteva un enorme divario tra la base d’asta ed i prezzi di mercato e che ciò comportava una palese irregolarità della procedura, avendo la S.A. compiuto delle stime del tutto irrealistiche e disancorate dalla realtà.
Se a ciò poi s’aggiungeva che l’incidenza dell’elemento-prezzo era stata ulteriormente sminuita dal metodo matematico di calcolo stabilito dalla lex specialis e che l’unione di questi due elementi, ovvero una base d’asta sproporzionata insieme ad una formula matematica incentrata sul rapporto tra le offerte economiche ed i valori assoluti delle stesse, aveva determinato un’evidente distorsione della concorrenza, era quindi legittimo annullare l’intera procedura.
Il Consiglio di Stato ha così accolto l’appello, affermando l’importante principio secondo cui la discrezionalità della P.A. nella definizione dell’importo a base d’asta non può intendersi in termini assoluti, ma dev’essere contestualizzata attraverso una corretta analisi di mercato ed una valutazione di prezzi, la cui mancanza può di conseguenza comportare all’annullamento dell’intera procedura.
In conclusione, dunque, la determinazione del prezzo d’asta può essere “criticata” ed il prezzo di gara dev’essere necessariamente collegato a quello di mercato, ragion per cui la sua fissazione non può essere arbitraria e sproporzionata, in quanto ciò può determinare un’effettiva alterazione della concorrenza.