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Modello 231: uno strumento sottovalutato nell’ottica delle gare di appalto

09/03/2021
Laura Asti
David Vaccarella
Negli ultimi anni, sull’onda di una forte spinta di matrice comunitaria, si sono susseguite numerose modifiche alla disciplina degli appalti. Da una parte, occorreva soddisfare l’esigenza di ridurre il margine di discrezionalità delle amministrazioni pubbliche nell’ambito dell’esclusione dei concorrenti, dall’altra, prevedere meccanismi premiali che tenessero conto della gestione del rischio da parte delle imprese.

In tal senso, seppur nell’ambito di una proliferazione legislativa di tutto rispetto , sono stati previsti due nuovi strumenti che sembrano, almeno in prima battuta, orientarsi nella direzione prospettata.

Il rating di legalità

Tale strumento, venuto alla luce con l’art. 5-ter d.l. 1/2012, permette alle imprese con determinati requisiti di vedersi attribuite un punteggio (misurato in “stellette”, da una a tre) indicativo del rispetto della legalità.
Per avere il punteggio minimo di una stella, è necessario che le imprese attestino che i soggetti che svolgono ruoli apicali nell’ambito delle stesse non siano stati destinatari di provvedimenti penali, anche di natura cautelare.

Fra i diversi requisiti che consentono di concorrere all’attribuzione di un’ulteriore stella, in virtù del provvedimento del 4 dicembre 2014 dell’AGCM, vi figura anche l’adozione del modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

È bene segnalare che concorre altresì l’adozione di un modello 231 che al suo interno preveda disposizioni ad hoc volte a prevenire e contrastare i reati contro la pubblica amministrazione.

Perché conviene avere un rating elevato?

Il conseguimento di un maggior numero di stelle consente di ottenere un cd. “merito creditizio” più elevato che le banche e le pubbliche amministrazioni dovranno tenere in considerazione per la concessione dei finanziamenti.

Il rating di impresa

Il secondo strumento di premiazione delle imprese più virtuose è costituito dal cd. rating di impresa, stabilito dall’art. 83, comma 10 del Codice dei contratti pubblici.
Si sostanzia in un indice di reputazione dell’impresa misurato in base alla capacità strutturale ed affidabilità dell’impresa.

Per il calcolo di questo rating, che si misura con un punteggio numerico, si devono tenere in considerazione il rispetto dei tempi e dei costi di esecuzione degli appalti, della mancanza di contestazioni sulle misure di sicurezza, nonché della corretta gestione dei rapporti con i subappaltatori.

Nell’ambito di questa lista, peraltro non esaustiva, si deve altresì tenere in considerazione dell’adozione del modello 231, proprio come nell’ipotesi del rating di legalità. Tuttavia, in questo caso, non vi sono degli indici certi per quanto riguarda tale valutazione in quanto l’ANAC non si è ancora espressa in tal senso.

Quel che è certo è che anche l’adozione del modello 231 concorre a determinare il rating di impresa, permettendo a quest’ultima, potenzialmente, una maggior chance di aggiudicazione di gare di appalto.

Peraltro, a conferma di quanto appena affermato, si rinvengono le prime pronunce dei giudici amministrativi. A tal proposito, in un recente caso, la stazione appaltante escludeva dalla partecipazione ad un bando di gara un’impresa che aveva attuato una serie di misure riparatorie di self-cleaning (fra le quali, l’adozione del modello 231). L’amministrazione non motivava sul punto l'esclusione. A seguito del ricorso dell’impresa, il TAR campano annullava tale decisione sancendo che sussisteva in capo all’amministrazione un obbligo motivazionale (peraltro rafforzato) proprio in relazione alle misure di self-cleaning (T.A.R. Campania sez. V - Napoli, 04/01/2021, n. 19).

Per concludere, si ritiene che, ancora una volta, l’adozione del modello 231 possa conferire maggiore virtuosità all’impresa, non solo in un’ottica di mera prevenzione del rischio ma, altresì, in un’ottica di maggior competitività anche dinanzi alle amministrazioni pubbliche.