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Medicina digitale, PNRR e cure domiciliari: la nuova Intesa Stato Regioni

10/09/2021

La telemedicina rappresenta – come noto – un approccio innovativo alla pratica sanitaria consentendo l’erogazione di servizi a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, internet, software e reti di comunicazioni (sul punto Indicazioni Nazionali per l’erogazione di Prestazioni di Telemedicina).

Tale modalità viene oggi sempre più utilizzata anche per erogare le cure domiciliari.

Ed è proprio in questo settore che recentemente sono stati delineati i nuovi requisiti autorizzativi che, inevitabilmente, incidono sulle modalità di erogazione delle prestazioni stesse.

Il 4 agosto la Conferenza Stato-Regioni ha infatti pubblicato la nuova Intesa sui requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio e requisiti ulteriori per l’accreditamento delle cure domiciliari.

Con tale intesa vengono delineati i requisiti per le cure domiciliari che le Regioni dovranno recepire tramite appositi provvedimenti regionali entro 12 mesi (estate 2022).

Cos'è cambiato a livello normativo

Si tratta di un documento di estrema rilevanza sotto il profilo giuridico, per due ordini di motivi:

  • è la prima volta che in Italia vengono stabiliti i requisiti per autorizzazione ed accreditamento ai fini dell’erogazione di cure al domicilio del paziente;
  • tale intesa rappresenta una delle pietre angolari (insieme al sistema tariffario) per sviluppare in maniera organica e sistematica la sanità digitale e la telemedicina sul territorio: ciò perfettamente in linea con la Mission 6 del Piano RRN.

Appare quindi importante una analisi del quadro d’insieme.

Alla luce dell’esperienza Covid (e dell’importante crescita dell’utilizzo del digitale in sanità) il legislatore con la Finanziaria 2021 (legge 178/2020) all’art. 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 modificava  l’art. 8-ter comma II, del d.lgs. 502 del 1992, prevedendo l’obbligo di autorizzazione sanitaria anche per le c.d. cure domiciliari.

Oggi la norma così stabilisce:

L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi, e per l'erogazione di cure domiciliari.[1]

Cosa sono le "cure domiciliari"?

Per identificare con maggior esattezza l’ambito di applicazione della nuova disciplina, occorre chiedersi allora cosa deve intendersi per “Cure Domiciliari”.

Sul punto l’art. 22  del DPCM 12 gennaio 2017 sui LEA, titolato (appunto) “Cure domiciliari”, così stabilisce:

“1. Il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, percorsi assistenziali a domicilio costituiti dall'insieme organizzato di trattamenti medici, riabilitativi, infermieristici e di aiuto infermieristico necessari per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita. L'azienda sanitaria locale assicura la continuità tra le fasi di assistenza ospedaliera e l'assistenza territoriale a domicilio.”

In sostanza le caratteristiche delle cure domiciliare sono le seguenti

  • si tratta di un insieme organizzato di trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi, necessari per stabilizzare e limitare la progressione della patologia, migliorando, per quanto possibile, la qualità di vita dell’assistito;
  • sono cure che hanno la caratteristica di essere erogate al domicilio dell’assistito;
  • si integrano con le prestazioni di assistenza sociale e di supporto alla famiglia, generalmente erogate dal Comune di residenza del cittadino.

L’art. 21 dello stesso DPCM LEA stabilisce poi che

  1. Nell’ambito dell’assistenza distrettuale territoriale sono privilegiati gli interventi che favoriscono la permanenza delle persone assistite al proprio domicilio, attraverso l’attivazione delle risorse disponibili, formali e informali;..

Ora, alla luce di quanto sopra, è del tutto pacifico che vi è un favor del legislatore per le cure domiciliari, ripreso ed ampliato (dopo l’esperienza Covid) nella Mission 6 del PNRR.

In ragione di ciò, e unitamente a un generale aumento dei bisogni assistenziali e allo sviluppo della tecnologia, appare chiaro che le cure domiciliari non soltanto aumenteranno da un punto di vista numerico, ma saranno sempre più erogate attraverso strumenti digitali.

In cosa consistono le cure domiciliari

Si pensi, solo a titolo di esempio, all’utilizzo - già oggi molto diffuso - di software per  digital support o allo sviluppo che hanno avuto negli ultimi anni i c.d. PSP (che possono essere in forma digitale o meno) quali

  • counseling psicologico;
  • telemonitoraggio su pazienti fragili tramite device
  • teleriabilitazione assistenziali
  • controllo somministrazione di farmaci tramite device
  • agende elettroniche per il tracking dell’autosomministrazione;
  • sistemi di notifica per ricordare al paziente di assumere la terapia e/o inserire i dati utili per la gestione/monitoraggio del percorso terapeutico.

Sotto questo profilo ci troviamo poi di fronte ad una situazione per certi versi anomala: mentre da una parte non abbiamo un regime autorizzativo specifico per la telemedicina ambulatoriale (che quindi segue le regole autorizzative “tradizionali”), dall’altra ci troviamo invece di fronte ad un nuovo insieme di regole per le cure domiciliari pensate e scritte anche per la “cura domiciliare digitale”.

Come si configurerà la cura domiciliare digitale

Tenuto conto quindi di questo quadro d’insieme senza pretesa di esaustività si reputa importante segnalare in questa sede alcuni aspetti di estrema rilevanza:

  • la disciplina non fa distinzione tra soggetti pubblici o soggetti privati:

quindi (solo a titolo di esempio)  si applicherà alla ASL che organizza l’ADI integrata con il Comune ma altresì al soggetto privato che potrebbe operare in convenzione con la ASL stessa: ad esempio la casa di cura che organizza cure domiciliari;

  • l’autorizzazione riguarda il momento della cura al domicilio: quindi alla autorizzazione tradizionale delle struttura sanitaria si affiancherà una autorizzazione in capo al soggetto che eroga la cura (es. una cooperativa di infermieri), il quale nel caso in cui si operi con oneri a carico del SSN dovrà avere anche l’accreditamento;
  • non appare poi determinante il soggetto che supporta economicamente l’attività erogativa: in questo senso, ove l’attività  rientri nella nozione di “cure domiciliari” sopra riportata, l’obbligo autorizzativo (e magari anche di accreditamento) dovrà comunque trovare applicazione. Si pensi, ad esempio, ai c.d. Patient Support Program (PSP), nei quali (solitamente) l’erogazione della cura domiciliare (es. somministrazione del farmaco) viene stabilita dal medico nell’ambito di un piano clinico, ma viene poi erogata al domicilio del paziente dal c.d. Provider, con oneri a carico della casa farmaceutica. In questo caso si reputa che il provider dovrà ottenere l’autorizzazione e (quasi certamente)  anche l’accreditamento, se il piano clinico nasce nell’ambito di una struttura pubblica;
  • l’ambito della autorizzazione e dell’accreditamento si amplia fino a ricomprende aree sino ad oggi non propriamente considerate “sanitarie”. Ciò emerge chiaramente dalla lettura del primo punto dell’Allegato B - applicabile a tutte le tipologie di cure domiciliari - che delinea una serie di requisiti specifici e dettagliati per i locali della “sede organizzativa” e della “sede operativa” (punti 1.1.AU e punti 1.2 AU), che sono ovviamente (anche in ragione delle mera diversa denominazione) spazi diversi rispetto al “tradizionale”  ambulatorio medico;
  • sono poi previsti, sempre in Allegato B, specifici requisiti di natura tecnologica (2.AU), di natura organizzativa (3.AU – con la previsione espressa di una responsabile sanitario) e di natura procedurale (3.2 AU);
  • infine nell’Allegato C sono indicati tutti i requisiti per l’accreditamento (che potenziano e rafforzano per buona parte i requisiti autorizzativi).

Dal quadro sopra descritto emerge con chiarezza che siamo di fronte ad una grande svolta.

Nei prossimi 12 mesi le Regioni faranno proprie le indicazioni della Conferenza Stato Regioni ed emaneranno gli atti legislativi e/o amministrativi per l’avvio dei processi di autorizzazione ed accreditamento.

Tale svolta coincide con il nuovo disegno del nostro SSN contenuto nel PNRR che mira a potenziare il territorio e aumentare la digitalizzazione della sanità: ciò comporterà per strutture sanitarie, operatori del settore, case farmaceutiche, aziende di dispositivi medici un importante stagione di riorganizzazione e ridefinizione dei servizi, anche (e soprattutto), in ottica digitale.

[1] Comma così modificato dall’art. 1, comma 406, lett. a), L. 30 dicembre 2020, n. 178, a decorrere dal 1° gennaio 2021.