Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?

Registrati per accedere ai contenuti riservati e iscriverti alla nostra newsletter

LICENZIARE PER AUMENTARE L'UTILE AZIENDALE ? Oggi Si puo!

03/01/2017

Cass.Sez.Lav., 7/12/2016, n.25201

La Cassazione – in via del tutto distonica rispetto a quanto affermato in precedenti pronunce – ha accolto la tesi (rivoluzionaria) della “prevalenza” della miglior organizzazione dell’azienda rispetto alla tutela del posto di lavoro, ritenendo di conseguenza legittimo un licenziamento giustificato (anche) dall’interesse dell’imprenditore al conseguimento di utili.

Un passo indietro.

In passato molteplici arresti giurisprudenziali, supportati da una robustissima dottrina, avevano stabilito che, in tema di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” e pertanto per ragioni tecniche, organizzative e produttive del Datore di lavoro, il licenziamento rappresentasse l’extrema ratio ovvero l’ultima scelta consentita, quando le “altre strade” erano state tutte percorse ed al Datore di lavoro non rimaneva che procedere con un provvedimento espulsivo.

Cosa significava questo?

Che se l’azienda andava bene, o quantomeno l’andamento non era “disastroso”, all’imprenditore era inibito il licenziamento giustificato dal mero conseguimento di una maggior efficienza o, addirittura, al perseguimento di utili !!!!

Per giustificare un licenziamento “oggettivo”, quindi, vi doveva essere una “vera” crisi aziendale, strutturale e non momentanea, tale da motivare l’assunzione di un provvedimento tanto grave quanto quello espulsivo.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte sembra voler cambiare decisamente rotta.

Partendo infatti dal presupposto che l’art. 3 L.n. 604/1966 (la legge regolativa dei licenziamenti individuale) stabilisce che “il licenziamento per giustificato motivo [.] è determinato [.] da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”, la Cassazione ha ritenuto insindacabile la decisione del Datore di lavoro di procedere ad una riduzione del personale giustificato (anche solo) da una “migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell’impresa”.

Ciò in quanto “Non pare dubbio che spetta all’imprenditore stabilire la dimensione occupazionale dell’azienda, evidentemente al fine di perseguire il profitto che è lo scopo lecito per il quale intraprende”.

Ovviamente grande attenzione dev’essere posta in merito alla “congruità ed opportunità” della scelta organizzativa, che porta all’”inevitabilità” del licenziamento individuale, ma non può non vedersi in questa pronuncia la caduta del moloch     rappresentato dall’intangibilità del posto di lavoro in ragione di meri interessi economici (leggasi utile) dell’imprenditore.

Appare dunque evidente il grande mutamento di prospettive tanto da potersi concludere che, se la causale espulsiva è ben pensata e ragionata e la lettera di licenziamento coerente con gli obiettivi che si vogliono conseguire, il licenziamento per una riorganizzazione aziendale - giustificata dal perseguimento di una maggiore reddittività dell’impresa - è oggi ben sostenibile e sottoponibile alla magistratura del Lavoro.

Una nuova stagione quindi si è aperta, e non si può che prender atto che il 2017 è iniziato con una pronuncia orientata a favore della parte datoriale.