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LE TUTELE DEI CREDITI DEI LAVORATORI NEGLI APPALTI
ART. 29, D.LGS. 276/2003 E L.92/2012
Con il presente contributo s'intende analizzare, dapprima in via generale e poi entrando più nel vivo della questione, le obbligazioni conseguenti ai rapporti di lavoro dei dipendenti dell'appaltatore. Sia concessa una premessa. Normalmente il contratto di lavoro, e con esso tutti gli altri rapporti obbligatori, non impegnano che le sole parti firmatarie dell'accordo. A tale principio però già il Codice Civile opera, in tema d'appalto, un'espressa deroga; vero è infatti che l'art. 1676 c.c. prevede che il lavoratore dell'appaltatore possa esigere il pagamento delle proprie spettanze direttamente dal committente. Questa prima azione, c.d. “diretta”, ha il solo limite che, se il committente nel frattempo ha già provveduto a saldare quanto dovuto all'appaltatore, nulla può essere più richiesto al committente in termini di retribuzioni (di cui pertanto rimane obbligato il solo soggetto appaltatore). Per venire però incontro all'esigenza di garantire uno stipendio “certo” al dipendente dell'appaltatore, dal 2003 c'è un altro rimedio; la c.d. Riforma Biagi ha infatti sensibilmente mutato le tutele a favore di questo tipo di lavoratori. Risulta infatti previsto che il lavoratore possa rivolgersi al committente per esigere il pagamento del proprio stipendio, anche se questi ha già saldato il costo dell'appalto, eventualmente costringendo il committente ad un doppio pagamento. Questa disciplina è stata però in parte mutata dal D.L.n. 138/2011, che all'art. 8 prevede la possibilità - nel contratto aziendale - di derogare alla solidarietà dell'art. 29 D.Lgs 276/2003 impedendo in tal modo ai lavoratori, laddove non fossero stati pagati dall'appaltatore, di poter esigere il proprio stipendio dal committente. In tal modo quindi il lavoratore è chiamato ad operare, all'inizio del rapporto lavoristico, una vera e propria rinuncia ad avvalersi del D.Lgs. 276/2003, nella parte in cui prevede la suddetta solidarietà. Successivamente il Governo Monti, con il D.L.n. 5/2012, ha modificato nuovamente la materia, circoscrivendo la garanzia del committente nei confronti dei lavoratori del proprio appaltatore alle sole retribuzioni ed al TFR e limitandola al solo periodo relativo all'appalto, peraltro con l'esclusione delle sanzioni civili. La Riforma Fornero invece ha tolto la possibilità di deroga al contratto aziendale, lasciandola solo a quello nazionale, e peraltro nella sola ipotesi in cui firmatarie dell'accordo siano le organizzazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro. Di più, in quanto il lavoratore oggi deve dapprima rivolgersi al proprio datore di lavoro (appaltatore) e, solo nel caso d'esito infausto della procedura di recupero (nei suoi confronti), può allora richiedere al committente principale le sue spettanze. Per tutto quanto sopra, se da un lato non può nascondersi la soddisfazione nella Riforma Fornero, che per quanto qui d'interesse, ha fortemente riequilibrato i diritti dei lavoratori nell'appalto, dall'altro non può tacersi l'obiettiva difficoltà per gli operatori del diritto sia nella fase di merito (quella cioè in cui si discute di detto diritto retributivo), che in quella di materiale esecuzione (cioè i pignoramenti), che comporta, per i lavoratori (titolari del credito), ingenti energie e costi senza tuttavia avere la garanzia poi che, anche aggredito il patrimonio del committente, si esca soddisfatti dall'iniziativa di recupero del proprio credito.