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La normativa in materia di sicurezza sul lavoro tra costi ed investimenti
Come noto il D.Lgs.n. 81/2008 - in attuazione dell'art. 1 Legge 3/8/2007, n. 123 – ha riformato, riunito ed armonizzato (abrogandole) le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Tale normativa, rispetto alla nota “626”, estende indubbiamente la protezione a tutti i lavoratori, passando altresì per una semplificazione degli adempimenti (in particolare per le PMI), sino ad una riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, con conseguente promozione della cultura della prevenzione attraverso progetti formativi e di finanziamenti delle piccole e medie imprese che investono in salute e sicurezza. Il costo sociale ed economico degli infortuni sul lavoro può infatti assumere - anche per le singole aziende – connotati elevati e ciò è tanto piu' vero se si considera come (in linea generale e semplificata) ciascuna società, e con essa il proprio Legale Rappresentante nonché, a “cascata”, tutti i soggetti dotati di particolari funzioni e poteri, possa rischiare d'incorrere in responsabilità relativamente all'accadimento di infortuni all'interno della azienda. Occorre preliminarmente distinguere tra la responsabilità di tipo penale - che concerne sempre comportamenti dolosi o colposi (sia commissivi che omissivi) – da quella di tipo civile, che invece comporta il (mero) diritto del danneggiato ad essere risarcito economicamente del danno (eventualmente anche fisico) subìto. Il risarcimento può essere riconosciuto sia a favore di soggetti legati all'imprenditore da un rapporto di natura contrattuale (clienti, dipendenti etc), che a favore di soggetti estranei ad un rapporto contrattuale (ad es. semplici passanti). A seguito dunque di un sinistro – magari legato a problematiche od omissioni in materia di sicurezza sul lavoro – le conseguenze economiche potrebbero essere rilevanti se considerate, appunto, le innumerevoli voci di danno “in gioco” (danno emergente e lucro cessante, danno morale, biologico etc.) oltre alle sanzioni economiche comminabili. La “miglior arma” per contrastare le possibili (enormi) responsabilità derivanti dalla normativa di settore è certamente quella di procedere ad un attento esame del proprio assetto organizzativo, con particolare cura della normativa esistente (ovviamente affidandosi a professionisti competenti in materia) e, secondariamente, stipulare eventualmente appositi contratti assicurativi (corrispondendo onerosi premi annuali) ma, in tale caso, occorre attentamente valutare le clausole contrattuali assicurative in quanto, sempre più spesso, il pagamento dei risarcimenti risulta subordinato proprio all'esatto assolvimento di tutte le prescrizioni indicate negli articoli del Testo Unico in materia di sicurezza (D.Lgs 81/2008), con ciò quindi derivando – in difetto - il serio rischio di vedersi dalla Compagnia assicurativa il rimborso al risarcimento richiesto proprio i ragione anche di una sola omissione. A ciò si aggiunga poi come la normativa in materia di sicurezza ingeneri spesso problemi interpretativi che la compagnia assicuratrice potrebbe “cavalcare” al fine di sospendere il risarcimento, ove non si rinvenisse la certezza degli adempimenti in capo all'assicurato. Per questi motivi gli oneri della sicurezza, spesso considerati dalle aziende solo ed esclusivamente dei “costi”, potrebbero al contrario rivelarsi un vero e proprio investimento se visti nell'ottica di un risparmio in termini di responsabilità e danni potenziali risarcibili ed, eventualmente uniti ad una buona polizza assicurativa, potrebbe conseguentemente consentire al datore di lavoro di poter “dormire sonni tranquilli”.