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Inversione procedimentale: il primo caso (involontario)
Cons.St., V°, 2/9/2019 n. 6017
È veramente curiosa l’”alterna fortuna” della cd. inversione procedimentale, ovvero la possibilità della P.A. appaltante di poter aprire in gara prima le buste contenenti le offerte e poi, solo all’esito della graduatoria finale, quelle contenenti la documentazione amministrativa.
Come noto detto istituto è previsto nelle direttive CE 2014, ma (inspiegabilmente) nel Codice appalti del 2016 tale modalità risultava applicabile solo ai settori speciali (art. 133), unicamente nel caso di procedure aperte e solo quando la lex specialis lo prevedeva espressamente (comma 8°).
Il decreto “Sblocca-cantieri” (D.L. n. 32/2019) ha proceduto ad estendere detto istituto anche ai settori ordinari, ma (ancora una volta inspiegabilmente) nei soli appalti sottosoglia (art. 36) e sempre nell’ipotesi in cui la disciplina speciale di gara lo disponga esplicitamente (comma 5°).
Ecco che però, in sede di conversione dello Sblocca-cantieri (L.n. 55/2019), il colpo di scena in quanto viene soppresso il comma 5° dell’art. 36 e si dispone che quanto previsto dall’art. 133, comma 8° possa trovare applicazione anche ai settori ordinari; ciò di conseguenza significa che l’inversione procedimentale NON si applica più ai soli appalti sottosoglia ma trova ingresso anche in quelli soprasoglia, fermo restando che deve trattarsi di procedure aperte e che la lex specialis lo deve disporre.
Ma non è tutto, in quanto l’estensione viene prevista solo “a titolo sperimentale” e fino al 31/12/2020!!
Alla luce di quanto soprariportato viene così accolta con favore la pronuncia del Consiglio di Stato che, ribaltando una sentenza del Tar Firenze, non sanziona un’inversione procedimentale posta in essere da un’amministrazione appaltante – probabilmente per un mero errore – che aveva aperto prime le buste economiche (trattavasi di gara al minor prezzo) e poi quelle contenenti la documentazione amministrativa.
Pur trattandosi infatti di una procedura ristretta (e non aperta, come dispone l’art. 133, comma 8°), né risultando prevista detta modalità procedimentale nella lex specialis della gara in questione, cionondimeno il giudice d’appello “giustifica” il modus operandi della Stazione appaltante in quanto NON avrebbe violato il principio di separazione tra offerta tecnica ed economica che, a detta del Consiglio di Stato, non può trovare applicazione in termini “assoluti”.
Detto principio, infatti, dev’essere adottato nei soli casi in cui sussiste l’effettivo rischio di compromissione dell’imparzialità di valutazione della P.A., che può verificarsi solo quando concorrono elementi di giudizio a carattere discrezionale e non elementi di giudizio obiettivi ed automatici, il che accade solo allorquando il criterio d’aggiudicazione prescelto è quello della offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel caso di specie, al contrario, il criterio applicato era quello del minor prezzo, ragion per cui nessun profilo di discrezionalità poteva riscontrarsi nell’operato della P.A., da cui ne consegue che l’apertura delle buste economiche prima di quelle amministrative NON aveva in alcun modo messo in pericolo il rispetto dei principi di par condicio, trasparenza e segretezza delle offerte.
Per questo motivo il Consiglio di Stato giustifica l’inversione procedimentale posta in essere dall’Amministrazione, NON richiamando la previsione della direttiva 2014/CE (che ne legittima l’adozione) ma ricostruendo, dal punto di vista pratica, la sua piena applicabilità poiché non avrebbe comportato alcuna violazione dei principi sottesi alle procedure ad evidenza pubblica.
Chissà dunque se, anche alla luce di questa sentenza, le Amministrazioni appaltanti inizieranno ad adottare il sistema dell’inversione procedimentale?
Staremo a vedere.