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Incompletezza delle informazioni su pasta dentaria, quali responsabilità del produttore?

20/01/2025

Cass. Civ., Sez. III, 23/12/2024, n. 33984
La recente sentenza della Corte di Cassazione pone un importante punto fermo sulla responsabilità dei produttori di presidi medici e valorizza il ruolo dell’informazione a tutela del consumatore e come strumento per mitigare i rischi legati all’uso dei prodotti.

Nel caso trattato dalla Suprema Corte, i giudici di merito (sia di primo che di secondo grado) avevano respinto la domanda di risarcimento del danno promossa da una consumatrice nei confronti di una azienda produttrice di una pasta dentaria (a supporto degli interventi di protesi), che le aveva provocato la mieloneuropatia ipocupremica per carenza di rame.

Più esattamente, tre sono stati i motivi sottoposti al vaglio di legittimità.

  1. La qualificazione del prodotto

Su tale aspetto ci si soffermerà molto brevemente in quanto il motivo in questione veniva dichiarato inammissibile. Basti sapere che, sul punto, la Corte conferma la posizione dei giudici di merito secondo la quale la pasta dentaria era un presidio medico, corredato di un foglietto illustrativo contenente le modalità di corretto utilizzo del prodotto, la durata della confezione, le cautele da adottare in caso di mal adattamento della protesi dentaria alla gengiva.

  1. Differenza tra prodotto difettoso e prodotto pericoloso e regime di responsabilità

Con il secondo motivo veniva contestata la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui aveva individuato la causa della mieloneuropatia nel comportamento imprudente della consumatrice, anziché nella condotta omissiva dell’azienda produttrice del prodotto per non averla informata circa i rischi derivanti dall’uso eccessivo del prodotto.

Sin dalle prime battute, la Cassazione chiarisce che l’attività di produzione di farmaci non sia riconducibile alla disciplina della responsabilità per danni da prodotto difettoso. Ciò in quanto il prodotto in questione non è un bene voluttuario ma un bene il cui utilizzo è subordinato alle indicazioni di figure professionali diverse rispetto al produttore e al distributore.

Certamente il produttore e il distributore sono soggetti ad una stringente regolamentazione sulle procedure di controllo, sugli obblighi informativi, nonché sulle certificazioni da parte di organismi terzi volte alla verifica del rispetto di determinati standard tecnici.

Ciò tuttavia (cioè il fatto che il produttore sia – eventualmente – stato diligente nel rispettare gli standard di sicurezza del prodotto) non esclude la responsabilità del produttore.

Ma in che termini e perché?

L’attività di produzione di medicinali va qualificata come attività pericolosa. Ciò significa che il consumatore debba essere ancor più protetto in termini di estensione della responsabilità del produttore alle ipotesi in cui la causa della pericolosità sia ignota, ovvero quando la scienza non sia in grado di affermare con certezza se e in che modo l’organismo del paziente abbia contribuito alla manifestazione dell’effetto collaterale.

Sostanzialmente, un prodotto non è difettoso per il solo fatto di essere intrinsecamente pericoloso, né esistono prodotti totalmente avulsi da pericolosità. Quest’ultima va inoltre valutata in relazione ai criteri imposti dal legislatore che contemperano il comportamento esigibile dal produttore e le realistiche aspettative di sicurezza dell’utilizzatore.

Tanto per affermare che la conformità del prodotto agli standard tecnici (i quali individuano una soglia minima di sicurezza ai fini dell’ottenimento della certificazione) non esonera il produttore da responsabilità. Difatti, l’ottenimento della certificazione non è garanzia che il prodotto non sia (o possa essere) potenzialmente dannoso e, parimenti, un prodotto difforme può risultare dannoso ma non è necessariamente e/o automaticamente tale.

Nel caso in discussione la responsabilità del produttore veniva ritenuta sussistente in ragione della mancanza o insufficienza di informazioni date al consumatore (all’interno del foglietto illustrativo) per un uso corretto del prodotto e per evitare rischi connessi al suo uso; cioè dal mancato rispetto di una regola precauzionale fondata sul contemperamento di esigenze di cui si è accennato sopra.

A tal riguardo giova ricordare – come fa la sentenza in commento – che il codice del consumo (art. 104) impone al produttore una informazione completa, utile alla valutazione dei rischi derivanti dall’uso normare o ragionevolmente prevedibile del prodotto e alla prevenzione contro tali rischi. Ciò tuttavia non esenta il produttore dal rispetto degli altri obblighi di legge, anche in termini di sicurezza del prodotto commercializzato.

Nel caso di specie, l’uso del prodotto aveva comportato conseguenze dannose alla paziente, dovendosi tali conseguenze essere attribuite ad una omessa informazione da parte del produttore. Nel bugiardino, infatti, non erano esplicitate le conseguenze di un eventuale uso smodato del prodotto, avvertendo di un potenziale rischio alla salute. Il bugiardino si limitava solo ad invitare il paziente a rivolgersi al dentista in caso di inadeguatezza della protesi, restando comunque prevedibile il comportamento della paziente che, in caso di difetto della protesi decidesse di continuare con l’uso della pasta adesiva.

  1. Sul nesso causale

L’ultima matassa sciolta dalla Suprema Corte riguarda il tema del nesso di causa tra l’idoneità lesiva della pasta dentaria e la patologia neurologica sviluppata dalla paziente. Occorre quindi verificare se l’uso smodato del prodotto da parte della paziente abbia o meno interrotto il nesso di causa tra pericolosità del prodotto e il danno sofferto.

A differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, ritiene la Corte che il comportamento della paziente non abbia interrotto il nesso causale, considerato che l’azienda produttrice:

  • aveva messo in commercio un prodotto potenzialmente pericoloso;
  • di tale pericolosità ne era conscia in quanto nel 2010 si erano verificati 416 casi similari e la letteratura scientifica aveva già avvertito circa gli effetti nocivi derivanti da intossicazione da zinco (di cui il prodotto è composto al 3,8%).

Alla luce di quanto sopra non poteva affermarsi che il danno riportato dalla paziente fosse imprevedibile e quindi idoneo a porre in discussione la linearità del nesso di causa, dovendosi quindi determinare la responsabilità esclusiva dell’azienda produttrice.

Sarà interessante capire come si determinerà il giudice del rinvio in merito ai motivi 2 e 3 accolti dalla Cassazione, onde verificare la concreta applicazione di una normativa spinosa e certamente non priva di aree grigie e cogliere eventuali spunti di riflessione sul bilanciamento tra il principio di autoresponsabilità dell’utilizzatore e il dovere informativo e “preventivo” del produttore.

La precauzione per chi svolge attività pericolose gioca infatti un ruolo cruciale nella tutela del consumatore. Da qui la particolare attenzione non solo ai requisiti tecnici del prodotto ma altresì alla completezza delle informazioni rese al consumatore, le quali debbono tenere conto anche delle ragionevoli aspettative di quest’ultimo.