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Il job act alle battute finali: il testo uscito dal Senato

10/05/2014

Per l'interesse che suscita nel dibattito attuale, pare opportuno soffermarci nuovamente sul job act, il cui primo decreto legge del Governo Renzi è in dirittura d'arrivo, e la legge di conversione pare oramai avere forma definitiva.
Questa volta ci occupiamo brevemente dei due capisaldi d'interesse: contratto a termine e apprendistato.
Il primo contratto, ovvero la disciplina relativa alla contrattazione a termine è stata oramai definitivamente modificata. Esce, dopo 40 anni di permanenza, la fattispecie tipica di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che diventa, invece, una delle possibili soluzioni che può adottare il datore di lavoro. Tra queste soluzioni c'è senz'altro la contrattazione a termine “acausale”, con possibilità di molteplici proroghe (che passano da otto a cinque). Solo questo basterebbe per dire che la svolta è epocale.
Con brevi rinnovi, anche di 6 mesi in 6 mesi, il datore di lavoro potrà tenere “sulle spine” il lavoratore, così sfruttando per intero i 36 mesi di durata del rapporto a termine. Crolleranno, in questo ambito, le impugnazioni giudiziali del contratto, perché di fatto nessuno recederà più in anticipo e nessuno sarà chiamato a rendere spiegazioni sulle causali che hanno portato alla sottoscrizione del contratto. Contenziosi ridotti anche per l'ipotesi di contestazione della percentuale massima del numero di dipendenti con il contratto a termine all'interno dell'azienda.
Il superamento del limite degli assunti a termine, contenuto nel 20% del totale degli occupati, comporterà solamente una sanzione di natura pecuniaria a carico dell'azienda, e non l'automatica conversione dei rapporti lavorativi in contratti a tempo indeterminato. Interesserà, in altre parole, solo agli organi ispettivi (che comminano la sanzione) svolgere questo tipo di controlli, essendo sottratto il “diritto soggettivo” del singolo lavoratore a procedere con il conteggio del numero di dipendenti e richiesta di conversione del rapporto, non avendo questi alcun beneficio diretto.
Per l'apprendistato, va sicuramente detto che il Senato ha raggiunto l'accordo su un testo che ancora – a differenza del contratto a termine – appare volutamente generico, su questo contratto infatti è ragionevole attendersi una definizione più completa a seguito dei regolamenti attuativi.
In ogni caso degne di nota paiono le scelte legislative sull'esigenza di prevedere nel contratto il piano formativo individuale, anche se lo stesso viene rilasciato nella c.d. forma sintetica. Il decreto-legge, e la relativa legge di conversione, riducono poi gli obblighi previsti per le nuove assunzioni degli apprendisti, contenendo dentro il limite del 20% la percentuale minima di conversione di rapporti di apprendistato.
L'obbligo di stabilizzazione (e quidni di conversione) è poi limitato alle aziende con più di 50 dipendenti. È stata infine introdotta la possibilità di utilizzare l'apprendistato per attività stagionali.

La legge ora passa al vaglio della camera, per la (si crede) definitiva approvazione, avendo sul punto la maggioranza parlamentare trovato univocità di vedute al proprio interno. Rimane sempre da capire se la nuova disciplina reggerà al vaglio della legislazione europea esistente, per tutte le ragioni già esposte nel precedente contributo.