Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?

Registrati per accedere ai contenuti riservati e iscriverti alla nostra newsletter

Il Consiglio di Stato suona la carica contro le PP.AA. che non danno piena attuazione, nelle loro lex specialis, alla concreta applicazione delle disposizioni sui C.A.M.

20/06/2024

Consiglio Stato 27/5/2024, n.4701

SO.RE.SA. indiceva una gara global service per l’affidamento di tutte le attività di gestione e manutenzione degli immobili ed impianti di sua proprietà, per un valore biennale di circa 350 milioni.

All’art. 14 del Disciplinare tecnico, veniva richiesta l’applicazione ed il rispetto di Criteri Ambientali Minimi (C.A.M.) relativi all’erogazione dei servizi energetici (D.M. 7/3/2012), di manutenzione del verde pubblico (D.M. 10/3/2020), di progettazione e lavori di manutenzione (D.M. 11/10/2017) ecc..

All’esito della gara, tuttavia, un concorrente ne impugnava l’affidamento invocando la riedizione dell’intera procedura in quanto, a suo parere, la lex specialis del tutto genericamente prevedeva il rispetto dei C.A.M., non dandone alcuna concreta applicazione; in altri termini veniva contestata la mancata indicazione di precise ‘specifiche tecniche’ nonchè l’assenza di puntuali declinazioni dei C.A.M. nei punteggi tecnici.

Il TAR Napoli rigettava il ricorso sostenendo che i dettami del Disciplinare, al contrario, disponevano un corretto richiamo alla normativa sui C.A.M. e che il contenuto dei citati Decreti Ministeriali entrava direttamente a far parte della lex specialis “attraverso il meccanismo della eterointegrazione” ragion per cui, quando un bando contiene rinvii ai DD.MM. ambiente (come nel caso in questione), spetta poi al concorrente formulare diligentemente la propria offerta in modo che sia rispettosa dei C.A.M. che la stazione appaltante ha provveduto ad indicare.

La ricorrente tuttavia ha interposto appello, a cui hanno resistito sia le imprese aggiudicatarie dei diversi lotti che l’Amministrazione procedente ma il Consiglio di Stato, ribaltando del tutto la pronuncia di 1° grado, ha accolto l’appello ed annullato l’intera procedura di gara.

La difesa delle appellate si sostanzia sul fatto che, a differenza delle gare analizzate da precedenti sentenze (tra tutte Cons.Stato n. 8773/2022), nel caso di specie la disciplina speciale di gara rinviava a specifiche disposizioni di dettaglio (i citati DD.MM.), il cui rispetto quindi doveva ritenersi del tutto implicito, mentre l’appellante sosteneva al contrario come non fosse affatto sufficiente il mero richiamo ai suddetti DD.MM per rendere i C.A.M. “coerentemente declinati” nella legge di gara.

Dovendo dunque il Consiglio di Stato individuare “la soglia (minima) normativa di esigibilità della previsione dei criteri minimi ambientali all’interno della legge di gara”, è partito dal dettato normativo (ex art. 34, comma 1 D.lgs. 50/2016, ora art. 57, comma 2 D.Lgs.n. 36/2023), secondo cui “Le stazioni appaltanti [.] contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali [.] attraverso l’inserimento [.] almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi”, per affermare in primo luogo come il principio dell’eterointegrazione non sia di per sè sufficiente a garantire il rispetto dei criteri ambientali minimi, vincolando tutt’al piu’ il concorrente a formulare un’offerta “consapevole” ma non necessariamente “coerente” a detti C.A.M.

In altri termini l’eterointegrazione della disciplina di gara ad opera dei decreti del Ministero Ambiente non garantisce affatto il rispetto degli articoli dei Codici appalti relativi al conseguimento degli obiettivi ambientali, rischiando solo di spostare il controllo di conformità - delle prestazioni ai criteri ambientali - “alla fase d’esecuzione del contratto”.

Se a ciò s’aggiunge poi l’assegnazione di soli 4 punti tecnici per il rispetto dei CAM (sui 70 di qualità previsti dalla gara SORESA), appare evidente come ai requisiti ambientali sia stato assegnato un ruolo meramente “accessorio” nella valutazione della qualità delle offerte, per cui non può che giungersi alla conclusione che, nel caso di specie, il mero richiamo in lex specialis al rispetto dei Decreti Ministero Ambiente (anche laddove espressamente indicati) non sia da ritenersi sufficiente a soddisfare il dettato normativo.

Il giudice d’appello poi affronta la questione relativa alla parte della pronuncia che aveva rigettato il ricorso di prime cure con riferimento al principio del risultato che, a parere del TAR Napoli, era rappresentato dall’interesse pubblico al sollecito affidamento del servizio e, per questo (quindi), da ritenersi prevalente rispetto alla inconsapevole - anche se del tutto ”indimostrata” - impossibilità del concorrente di conoscere come dover formulare la propria offerta nel rispetto dei C.A.M..

Partendo dal presupposto che il contratto d’appalto non è piu’ (solo) una modalità per la P.A. di procurarsi beni e servizi, ma rappresenta altresì uno strumento “a plurimo impiego, funzionale all’attuazione di politiche pubbliche”, ciò di conseguenza comporta che il “risultato” non è piu’ (solo) quello che si ottiene con rapidità ed economicità nel rispetto della legalità ma quello che, oltre a ciò, soddisfa anche i dettami della “qualità della prestazione”.

Da cui giocoforza non può che discenderne che “il mero richiamo ai criteri ambientali da parte della legge di gara non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi”.    

Che effetto potrà avere questa pronuncia (peraltro così ben argomentata) sulle future gare in materia d’appalti ?

Un effetto dirompente!

Se infatti si considera altresì come il ricorrente, nel caso in questione, ha impugnato il mancato richiamo dei C.A.M. in lex specialis solo unitamente all’esito della procedura – e non entro 30 gg. dalla pubblicazione dei documenti di gara – e come, sia in 1° che in 2° grado, l’eccezione di tardività sia stata rigettata in entrambi i casi, ciò di conseguenza significa che tutte le volte in cui una P.A. appaltante esperirà una futura gara in cui non solo si “dimenticherà” di richiamare l’espresso obbligo di rispetto dei C.A.M. (ovviamente in relazione all’oggetto della gara stessa) ma non provvederà altresì a declinarne la corretta applicazione nelle specifiche tecniche nonchè nei criteri di valutazione ecc., all’esito della procedura il concorrente insoddisfatto ben potrà invocarne – con probabile piena soddisfazione - la totale reiezione per violazione dell’art. 37 comma 1 D.Lgs.n. 36/2023 in combinato disposto con l’art. 1 del medesimo Codice (portante il principio del risultato).

Le Pubbliche Amministrazioni sono dunque avvisate…