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Estensione dell’applicabilità delle “pratiche commerciali scorrette” alle “microimprese”: le ricadute sui rapporti b2b
Il Codice del Consumo è un quadro normativo che si applica ad una specifica categoria di soggetti, i “consumatori”, volto ad offrire ai suoi principali destinatari una solida tutela contro le possibili pratiche lesive tipiche del mercato globalizzato su larga scala.
La disciplina consumeristica in Italia è stata radicalmente innovata per mezzo della legge n. 27/2012.
Per mezzo della l. 27/2012 è oggi applicabile anche alle “microimprese” la disciplina speciale sulle “pratiche commerciali scorrette” (artt. 19-27 quater c. cons.), la cui norma di riferimento è l’art. 19 che così recita:
“Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa illecita è assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145”
Dal 2012 quindi le microimprese godono di una forma di tutela molto più ampia che impedisce alle controparti contrattuali di compiere nei loro confronti “pratiche commerciali scorrette”, così come previsto a favore dei consumatori.
Vediamo pertanto cosa si intende per “microimpresa” e quali soggetti sono interessati da questa riforma e come tale riforma si riflette sui rapporti commerciali B2B.
A chi, tra imprese e professionisti, interessa la riforma?
La riforma si applica alle cd. “microimprese”, ossia entità, società o associazioni (anche professionali):
“che, a prescindere dalla forma giuridica, esercita un’attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro” (art. 7, par. 3, Allegato alla Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003).
I destinatari dell’intervento normativo saranno quindi tutti quei soggetti economici che rientrano in suddetti criteri dimensionali, indipendentemente dalla loro struttura e/o natura giuridica, o dalla natura eventualmente professionale dell’attività esercitata (studi commercialisti, avvocati, dentisti, ottici, medici ecc.).
Cosa si intende per pratica commerciale scorretta
Per “pratica commerciale scorretta” si intende qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, pubblicità diffusa con ogni mezzo (anche direct marketing e la confezione dei prodotti!), operazione di marketing utilizzata dal professionista per promuovere, vendere, fornire beni o servizi alle microimprese.
Una pratica commerciale è considerata “scorretta” quando è in grado di distorcere in modo sostanziale le scelte ed il comportamento economico della microimpresa che raggiunge o a cui si rivolge per promuovere, vendere, fornire i propri beni o servizi. Tra le pratiche commerciale scorrette è possibile operare una distinzione in due macrocategorie:
Le “pratiche commerciali ingannevoli” (artt. 21-23 c. cons), cioè qualsiasi azione od omissione idonea a trarre in inganno il consumatore/microimpresa medio, creando confusione e falsandone il processo decisionale. In particolare, l’errore può riguardare il prezzo, la disponibilità sul mercato del prodotto, le sue caratteristiche del prodotto, i rischi connessi al suo utilizzo e le normali regole di prudenza o vigilanza per i prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza o idonei a minacciare, direttamente o indirettamente, la sicurezza di minori. Tra le pratiche commerciali ingannevoli possono poi essere distinte:
- le “Azioni ingannevoli” (ex art. 21 c. cons.), che si realizzano ogni volta che le “pm” e grandi imprese forniscano informazioni precontrattuali o contrattuali idonee ad indurre la microimpresa a concludere un contratto che non avrebbe altrimenti concluso, ovvero volte a trarre in errore circa le caratteristiche principali dei prodotti, i motivi della pratica commerciale, l’esborso economico del microimprenditore o il modo in cui questo è calcolato, nonché il vantaggio conseguito dal contraente “forte”;
- le “Omissioni ingannevoli” (ex art. 22 c. cons. ) realizzate ogni volta che le “pm” e grandi imprese omettano di fornire informazioni precontrattuali o contrattuali rilevanti che inducono la microimpresa a concludere il contratto che non avrebbe altrimenti concluso, ovvero prospettino prospetti in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti, inducendo il microimprenditore a concludere un contratto che non avrebbe voluto.
- le “Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli” (ex art. 23 c. cons): tale previsione normativa si sostanzia di un vero e proprio elenco ci comportamenti che il legislatore di “default” considera come illeciti.
Le “pratiche commerciali aggressive” (artt. 24-26 c. cons.), invece, caratterizzano l’impresa che agisce con molestie, coercizione o qualsiasi altra forma di indebito condizionamento.
Ne consegue che qualsiasi professionista che, direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, realizzi nei confronti di microimprese pratiche commerciali che rientrino in queste categorie, sarà soggetto a conseguenzesanzionatorie e risarcitorie.
Quali sono le conseguenze in caso di pratica commerciale scorretta
Quanto alle conseguenze che potrebbero scaturire nei confronti dell’impresa che pone in essere pratiche commerciali scorrette, possiamo suddividerle in tre tipologie:
- ai sensi dei commi 3 e 3-bis dell’art. 27 c. cons., l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), qualora sussista particolare urgenza, può ordinare al professionista di sospendere in via provvisoria (già in fase istruttoria) le pratiche commerciali che ritiene scorrette; nonché ordinare a fornitori, gestori ed operatori di rete e siti web la rimozione di iniziative o attività destinate ai consumatori italiani che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta (Tutela amministrativa-cautelare);
- ai sensi dei commi 9 e 9-bis dell’art. 27 c. cons., come recentemente modificato dal D.lgs. n. 26/2023, l’Autorità può irrogare sanzioni amministrative da 5.000 euro a 10.000.000 euro e fino al 4% del fatturato annuo in caso di infrazioni diffuse o aventi dimensione unionale (Tutela amministrativa-sanzionatoria), nonché confermare eventuali provvedimenti cautelari già adottati in fase istruttoria;
- ai sensi del comma 15-bis, art. 27. c. cons., introdotto dal decreto del 2023, le microimprese lese “da pratiche commerciali sleali possono altresì adire il giudice ordinario al fine di ottenere rimedi proporzionati ed effettivi, compresi il risarcimento del danno subito e, ove applicabile, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, tenuto conto, se del caso, della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito e di altre circostanze pertinenti” (Tutela giurisdizionale).
Sulla base di ciò, diventa oltremodo fondamentale per le piccole, medio e grandi imprese interessati da questa disciplina consumeristica acquisire piena consapevolezza dei rischi a cui si espongono quando contrattano con “microimprese”.
Qualche consiglio pratico
- per le ”piccole”, “medie” e “grandi” imprese
Sarà fondamentale adottare una contrattazione “trasparente”, non solo nei rapporti B2C ma anche nei B2B: difatti, per esempio, potrebbero risultare particolarmente critici quei rapporti negoziali aventi ad oggetto la fornitura di beni e/o servizi gestiti tramite contratti cd “standard”, nei quali la capacità contrattuale della microimpresa si limita - nella maggior parte dei casi - alla passiva accettazione delle clausole predisposte.
- per le “microimprese”!
La rinvigorita posizione delle microimprese permette ai professionisti di far adeguatamente valere i propri diritti già in fase di contrattazione e, qualora questi venissero violati, potranno scegliere se affidarsi alla tutela amministrativa offerta dall’AGCM, inoltrando una segnalazione che darà inizio ai controlli del caso, oppure affidarsi all’autorità del giudice ordinario.