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Divieto di aggiudicazione a società russe: limiti e modalità applicative
La vicenda in esame prende spunto dal ricorso presentato avverso il provvedimento di aggiudicazione del servizio di caffetteria e ristorazione all’interno di Palazzo Pitti e Giardino di Boboli, parti del complesso museale delle Gallerie degli Uffizi.
Tra i vari motivi d’impugnazione, la ricorrente contestava la presunta violazione della recente norma contenuta all’art. 5 duodecies del Reg. UE 2022/576, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina.
Veniva in particolare in rilievo la disposizione che stabilisce il divieto di aggiudicare appalti e concessioni o di proseguire contratti con una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo che agiscono “per conto e sotto la direzione” di un soggetto di nazionalità russa.
La contestazione originava dalla circostanza che il consiglio d’amministrazione dell’aggiudicataria fosse composto da due membri (su tre) aventi cittadinanza russa, tra i quali lo stesso Presidente del Consiglio d’Amministrazione della stessa società (quest’ultimo anche amministratore unico della società che deteneva il 90% del capitale sociale).
Tuttavia, i giudici fiorentini hanno respinto la prospettazione avversaria, in quanto la stessa avrebbe configurato un’applicazione “estensiva“ di un divieto finalizzato ad impedire innanzitutto la partecipazione ed aggiudicazione di procedure ad evidenza pubblica a società che hanno sede in Russia.
Nel caso di specie, infatti, la ditta aggiudicataria era a tutti gli effetti società di diritto italiano con sede nel territorio nazionale, partecipata da altra società italiana ed avente soci persone fisiche di nazionalità non russa.
Pertanto, andava correttamente delimitato il concetto di organismo che agisce “per conto e sotto la direzione di un soggetto di nazionalità russa” poiché la ratio della norma risultava quello di impedire l’affidamento di contratti pubblici a società operanti sotto l’effettiva influenza dominante di entità russe.
Sul punto i giudici chiarivano che il concetto di “direzione” applicato al contesto societario, conformemente all’art. 2497 C.c., possa intendersi in un solo modo: una società può dirsi sottoposta alla direzione soltanto di un’altra società/entità, sia essa persona fisica o giuridica ma non del proprio amministratore, il quale svolge la propria attività di gestione su delega del Consiglio di Amministrazione.
Ciò significa che l’attività di direzione poteva qualificarsi esclusivamente nel rapporto tra società controllante e controllata e non qualora soltanto l’organo di gestione annoveri tra le sue fila anche cittadini russi.
Ogni dubbio veniva tolto in virtù del fatto che i due soggetti in questione non erano soci della holding che controllava la ditta aggiudicataria, né tantomeno risultavano detentori di quote della stessa controllante.
Da ultimo, lo stesso TAR Firenze precisava che trattandosi di una disposizione a carattere eccezionale doveva necessariamente interpretarsi in via restrittiva, al fine di scongiurare estensioni del divieto lesive dei diritti di libera iniziativa economica, libertà commerciale e concorrenza.
È quindi necessario che la disposizione in esame venga interpretata in maniera rigorosamente restrittiva, proprio al fine di evitare ingiustificate (ed infondate) restrizioni del mercato.