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AUTORIZZAZIONI SANITARIE: non si puo bloccare l’apertura di una struttura sanitaria che rispetta i requisiti autorizzativi se la stessa non ha richiesto l'accreditamento al SSN
Consiglio Stato, 29/1/2013, n. 550
Sentenza destinata a fare storia in materia di autorizzazioni sanitarie.
IL CASO La casa di cura Villa Silvana s.p.a. chiedeva alla Regione Lazio il rilascio di un’autorizzazione per l’apertura di un nucleo Alzheimer con venti posti letto (su cui era intervenuto parere favorevole della A.S.L. competente) nonché per l’utilizzo anche ambulatoriale dei servizi di diagnosi e cura già operanti nella struttura. La Regione Lazio non rispondeva all’istanza ed a seguito di ricorso al TAR sul silenzio veniva nominato un Commissario ad acta. Quest’ultimo si pronunciava in senso negativo affermando in particolare che: - per i servizi di diagnosi e cura sussisteva la sufficienza delle strutture provvisoriamente accreditate a corrispondere al fabbisogno regionale; - per i 20 posti letto per la patologia Alzheimer in base a decreto erano sospesi gli adempimenti relativi alla verifica di compatibilità con il fabbisogno di assistenza. L’azienda presentava ricorso al TAR Lazio che veniva respinto e dunque la controversia arrivava quindi in Consiglio di Stato.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO In appello, i giudici del Consiglio di Stato danno una lettura dell’art. 8-ter molto innovativa. Stabilisce infatti che la previsione di subordinare le autorizzazioni alla verifica del fabbisogno deve essere letto alla luce non solo dell’art. 32 (tutela della salute) ma anche in ragione dell’art. 41 Cost (libertà di iniziativa dell’impresa): quindi tale norma non può configurare “…uno strumento ablatorio delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio……” Ed ancora la sentenza richiama (forse tra le prime volte in questa materia) “…segnalazioni in materia dell’ Autorità garante delle concorrenza e del mercato, da ultimo con nota del 18 luglio 2011, volte a porre in rilievo come una politica di contenimento dell’offerta sanitaria possa tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti, assorbendo la potenzialità della domanda, sottolineando, inoltre, l’irrilevanza di criteri di contenimento della spesa sanitaria, non versandosi a fronte di soggetti che operino in accreditamento.”
Spiegano poi i Giudici che il “blocco” alle nuove aperture deve avvenire non in sede di autorizzazione ma attraverso gli strumenti dell’accreditamento e del contratto. Si chiarisce infatti che “le valutazioni inerenti all’indispensabile contenimento della spesa pubblica ed alla sua razionalizzazione hanno la loro sede propria nei procedimenti di accreditamento, di fissazione dei “tetti di spesa” e di stipulazione dei contratti con i soggetti accreditati; procedimenti distinti e susseguenti (sia logicamente che cronologicamente) rispetto a quello relativo al rilascio della pura e semplice autorizzazione, che è quella di cui si discute”. Una nuova e più ampia lettura, dunque, dell’art. 8-ter del dlgs 502/’92.