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ANCORA SUL FALSO MADE IN ITALY: quando, pur non scattando il reato, si rischia la sanzione pecuniaria da € 10.000 a € 250.000

27/01/2015
Valeria Fabbri

Cass. Pen., sez III, n. 52029/14, depositata il 15.12.14

Ormai è chiaro: lasciare intendere che un prodotto sia italiano quando non lo è può far passare grossi guai al portafoglio, anche se non costituisce reato.

Lo precisa la Suprema Corte in merito ad una casistica che trova oggi crescente diffusione: trattasi dell’ipotesi in cui, pur in assenza di aperta apposizione del falso “made in”, si correda il prodotto di altre informazioni in grado di generare l’idea che un prodotto sia italiano.

Il caso da cui è scaturita l’interessante pronuncia della Suprema Corte è quello di un fabbricante di articoli in pelle che, pur senza apporvi alcun marchio “made in Italy”, palesemente attributivo di origine italiana, corredava tali prodotti del proprio marchio aziendale “L.G. Italy”.

Trattasi, a ben vedere, di caso ben più sottile del classico falso “made in”: questo, asserisce la Suprema Corte, rappresenta l’ipotesi della “falsa indicazione di origine” su prodotti in realtà realizzati altrove, costituente contraffazione ex art. 517 c.p., mentre l’altra ricade nella fattispecie della “fallace indicazione di origine”.

Quest’ultima, dice la Corte, si ottiene mediante l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali, suscettibile di dare l’impressione, in assenza di indicazione più chiare e/o non fraintendibili sull’origine effettiva, che un prodotto sia stato integralmente realizzato in Italia.

La fattispecie – che, come sopra anticipato, non integra la contraffazione ex art. 517 c.p. – viene qualificata come illecito amministrativo dall’art. 4, comma 49 bis L. n. 350/2003, il quale prevede in primo luogo la sua sanabilità mediante rimozione ad opera del contravventore dei simboli, figure e/o informazioni qualificate come confusorie.

Ma non è finita qui.

Per eliminare ogni conseguenza non basta rimediare alla marachella a proprie spese, come ai tempi delle scuole: il fabbricante/licenziatario ritenuto responsabile dell’illecito è, infatti, altresì tenuto a sborsare un’ingente sanzione pecuniaria tra € 10.000 e € 250.000.

Occhio, quindi, alle informazioni che, anche in buona fede e/o con poca accortezza, si accompagnano ai prodotti, se non si vuol far piangere il portafoglio!