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Ambulatori odontoiatrici: la frammentata disciplina delle autorizzazioni sanitarie. L’opportunità di innovare la materia arriva dalla Regione Puglia?

03/10/2019
Delibera n. 841/2019

Come noto, in tema di autorizzazione e vigilanza delle istituzioni sanitarie private, la competenza regionale va inquadrata nella potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute.

Nel riparto di competenza, spetta alle Regioni disciplinare le modalità e i termini per il rilascio delle autorizzazioni sanitarie ed è proprio sfruttando questo spazio di competenza che la Regione Puglia ha recentemente emanato la Delibera n. 841/2019. La delibera individua le prestazioni erogabili negli studi e ambulatori odontoiatrici e i requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici dei medesimi per dare attuazione alla L.R. n. 9/2017 regolatrice della materia a livello regionale.

La necessità di emanare tale atto nasce proprio da quanto prescritto dalla su indicata legge regionale che, sin dall’origine, demandava a un provvedimento della Giunta Regionale il compito di individuare le tipologie di prestazioni erogabili in alcune strutture anziché in altre, identificando in questo modo, non solo l’entità delle attività sanitarie, ma altresì la tipologia delle strutture stesse.

La delibera distingue tra prestazioni a minore e maggiore invasività erogabili rispettivamente le prime in strutture di livello base  (non necessitanti dell’autorizzazione), le seconde in quelle strutture  di livello intermedio ( esigenti l’autorizzazione) e in strutture di livello elevato/ambito ospedaliero o PTA (pretendenti l’autorizzazione sanitaria e adeguamenti strutturali specifici in quanto considerati ambulatori protetti garanti delle prestazioni con i più elevati livelli di complessità clinica).

La grande novità della delibera pugliese risiede proprio nel fatto di focalizzare il criterio di individuazione delle strutture in base alla invasività maggiore o minore delle prestazioni, assolutamente descritta in modo puntuale, da cui discendono solo successivamente i requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici che identificano le tipologie di strutture in cui le stesse vengono erogate.

Da qui deriva l’altra fondamentale novità della delibera, che recita all’art. 2 come gli studi odontoiatrici, di cui all’art. 5, comma 3, punto 3.2, della L.R. n. 9/2017[1], siano quelli in cui effettuano, non saltuariamente, interventi chirurgici o procedure diagnostiche o terapeutiche invasive praticabili senza ricovero in anestesia topica locale. Lo studio odontoiatrico in discorso è caratterizzato da una complessa organizzazione di lavoro, beni e servizi, assimilabile al concetto di impresa, in quanto il titolare dell’ambulatorio può non essere un odontoiatra e per cui l’apporto dello specialista (i.e., il Direttore Sanitario) è soltanto uno degli elementi che ne fanno parte.

Se ci affidiamo al tenore letterale della norma, dunque,  la delibera sembra poter permettere anche a  una Società di capitali di essere titolare di uno studio e, quindi, non solo di una struttura complessa come un ambulatorio. In tal senso, pare un cambio di rotta da quanto sino a oggi sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria[2].

L’indifferente utilizzo dei termini studio e ambulatorio, infatti, pare evidenziare come, per la prima volta, non ci si debba soffermare sulla tipicità organizzativa del titolare dell’autorizzazione sanitaria (il singolo professionista o la società, quindi con la disamina sulla prevalenza rispettivamente dell’apporto intellettuale o dell’apporto di mezzi), ma, piuttosto, sulla effettiva modalità di erogazione della prestazione sanitaria.



[1] L’articolo così recita “Le strutture che erogano le prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulaotriale, ancorchè non soggette all’autorizzazione alla realizzazione, ancorchè individuate: …”

[2] Si veda la sentenza del Tar Lazio n. 4428/2019 commentata già nell'articolo "Differenza tra studio e ambulatorio odontoiatrico: il TAR Lazio stabilisce che una società di capitali non può essere uno studio"