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Obbligo di tenuta della cartella clinica del paziente per gli studi odontoiatrici: un po’ di chiarezza

09/12/2020
Silvia Pari

Uno dei temi più dibattuti in ambito odontoiatrico è quello relativo alla sussistenza o meno, per gli studi professionali, di un preciso obbligo di redazione e conservazione della cartella clinica dei propri pazienti.

Se è vero, infatti, che non esiste alcuna normativa che imponga tale obbligo agli studi privati – come segnalato, fra gli altri, da una Circolare della FNOMCEO del 29 Ottobre 2013 – è altrettanto vero che le disposizioni del Codice Deontologico (ma non solo) impongono un approccio diverso al tema.

A spiegarlo in maniera molto chiara è stata una recente pronuncia della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, che ha confermato la decisione – assunta da una CAO territoriale – di sospendere un medico dall’esercizio della professione per un mese e ciò per non avere, questi, consegnato, al paziente che ne aveva fatto richiesta, la documentazione attestante le cure rese.

A fronte delle difese avanzate dall'odontoiatra circa il fatto che, non esistendo uno specifico obbligo di legge in tal senso, questi non aveva provveduto a consegnare la documentazione richiesta per il semplice fatto che non la aveva prodotta, la CAO prima e la CCEPS poi hanno affermato e ribadito il principio che segue: pur non sussistendo, nel nostro ordinamento, a carico degli studi professionali privati, l’obbligo di compilazione della cartella clinica del paziente (competendo tale obbligo, in via esclusiva, alle strutture pubbliche e private accreditate), è indubbio che, specie laddove il paziente faccia esplicita richiesta di conoscere il dettaglio delle prestazioni sanitarie eseguite, il medico debba provvedere al rilascio di una certificazione che, quantomeno, attesti le cure praticate.

E ciò perché è diritto della persona assistita e dovere del medico provvedere in tal senso, come sottolineato, fra gli altri, dall’art. 25 del Codice di Deontologia Medica.

Cristallizzato, dunque, il principio di cui sopra, vi è, poi, una ragione ulteriore – questa volta di opportunità – che induce a ritenere opportuno conservare traccia delle prestazioni eseguite su ciascun paziente (al di là della sussistenza o meno di un obbligo in tal senso), ossia la necessità di detenere elementi di prova del proprio buon agire in caso di future eventuali contestazioni, da parte del paziente, in ordine alle prestazioni stesse.

Al di là delle questioni di carattere formale, dunque, è buona norma conservare sempre il dettaglio delle cure prestate ai propri pazienti (sotto forma di diario clinico, attestazione, fascicolo, cartella, etc.) onde adempiere ai propri doveri deontologici e potersi, inoltre, difendere adeguatamente in caso di contenzioso.