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La tutela del software nelle app e nelle apparecchiature medicali: perché vale la pena stilare un contratto

09/11/2017
Valeria Fabbri

I software regnano ormai “sovrani” nella vita di tutti i giorni, da strumento di aiuto nelle attività del quotidiano sino al business delle imprese.

Sotto qualunque profilo li vediamo, accresce sempre più il loro valore economico – vale a dire la loro capacità di ingenerare indotto – pertanto è importante capire come tutelarli.

Ipotizzando di essere nella situazione di un’impresa del medicale che voglia sviluppare una app o un sofware da integrare in una apparecchiatura e che non possa farlo da sola, non sono pochi i casi in cui entra in gioco una c.d. software house, vale a dire le aziende e/o i professionisti esperti nello sviluppo di applicativi.

E in tal caso come fare per proteggere il frutto della propria “fatica creativa”?

Dal momento che le idee, ove non sviluppate in qualcosa di concreto, non si tutelano, un consiglio spassionato è quello che le parti coinvolte chiariscano sin da subito i termini degli accordi ed, in particolare, “lato committente”, a che scopo e con quali obiettivi un’azienda intenda far sviluppare un software.

Il caso più delicato è quello in cui il software rappresenta per l’azienda un futuro strumento di business durevole: e allora occorrerà che l’azienda e la software house definiscano dal principio a chi vanno i relativi diritti di sfruttamento economico (vale a dire chi e come possa utilizzare il software per tutto il tempo che esso sarà sul mercato).

Lo strumento di tutela preventiva per eccellenza – il cui contenuto va concordato prima del conferimento di qualsivoglia incarico – è il contratto tra le parti.

Se trattasi di contratto predisposto unilateralmente da una delle parti, la prima cosa cui prestare attenzione è la c.d. qualificazione giuridica data da quella parte al contratto: vale a dire, che tipo di contratto è? Licenza d’uso? Contratto d’opera professionale? Oppure, ancora, appalto di fornitura di beni e/o servizi?

La differenza tra le due fattispecie è cruciale dal punto di vista del soggetto cui vanno tutti i diritti di sfruttamento economico.

Non avere alcun diritto di sfruttamento economico, infatti, potrebbe voler dire non poter modificare e/o implementare in autonomia il software oppure non poterne fare delle copie (anche eventualmente a scopo distributivo) senza il consenso del titolare dei diritti.

Una volta concordato con la controparte il tipo di contratto desiderato, occorrerà poi “riempirlo”, sotto il profilo della tutela del copyright, con ogni aspetto connesso (es. chi ha accesso al codice sorgente del software, chi può modificarlo e/o gestirlo? Etc…)

Sotto il profilo della tutela IP, questo è il cuore del copyright.

Ma non solo: lo sviluppo di un software implica molti altri profili giuridici, tra cui, per fare un esempio, quando il software tratta dati personali e l’azienda, casomai, affida alla software house la conservazione dei dati, tutti gli aspetti connessi al trattamento ed alla gestione della data protection. Anch’essi meritano senza dubbio un’accorta disciplina contrattuale.

Ed è solo la punta dell’iceberg.

Per questo è consigliabile una buona assistenza legale in materia di contrattualistica.

Sotto i profili IP qui analizzati, si segnala l’utile ordinanza del Tribunale di Bologna 19/09/2016.