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Subappalto categorie SIOS: ammissibile se l’appalto ha un valore inferiore alla soglia comunitaria?

03/03/2021
Fabio Caruso

TAR Lazio Roma, III ter, 08/02/2021, n. 1575


Si è recentemente avuto modo di approfondire l’istituto del subappalto c.d. “necessario” o “qualificatorio”, che consente agli operatori economici sprovvisti di determinati requisiti di qualificazione di partecipare alla procedura, subappaltando a terzi le lavorazioni “specializzate a qualificazione obbligatoria”.

Tuttavia, nel caso in cui nel bando/invito di gara siano presenti lavorazioni relative a categorie c.d. SIOS (Strutture impianti ed opere speciali) - di importo eccedente il 10% dell’importo posto a base di appalto - le stesse prestazioni risultano per legge (art. 89, comma 11 Codice degli appalti ed art. 1 DM 248/2016) subappaltabili solamente entro il limite massimo del 30% del loro importo.

Ne consegue che in linea generale, qualora nel bando / invito di gara siano presenti tali categorie, il concorrente dovrà dimostrare di possedere idonei requisiti (oltre che relativi alla categoria prevalente) anche relativamente alle lavorazioni di categoria SIOS, quantomeno per il 70% dell’importo di riferimento (che quindi non potrà subappaltare interamente).

Tuttavia, con la pronuncia in esame ci si chiede se la predetta disposizione possa conciliarsi con quanto recentemente stabilito dalla nota pronuncia della CGUE (C 63-18), che ha (formalmente) eliminato i limiti “quantitativi” al subappalto, ovvero in termini di quota percentuale massima subappaltabile (corrispondente al 30% dell’importo complessivo del contratto).

La stessa quota era stata peraltro aumentata in via temporanea sino al 31 dicembre 2020 dal decreto c.d. “sblocca cantieri”, che aveva disposto l’innalzamento al 40% del limite quantitativo massimo di ricorso al subappalto.

Nel caso in esame, la seconda classificata impugnava l’aggiudicazione di un concorrente che aveva dichiarato in sede di offerta – a dispetto delle disposizioni normative richiamate in precedenza - di voler subappaltare tutti i lavori della categoria OS4 (quindi ad alta specializzazione), per i quali non risultava in possesso delle relative certificazioni.

Ciò era peraltro espressamente consentito dal Disciplinare di gara, nonché ribadito dalla stessa stazione appaltante, in occasione dei chiarimenti rilasciati nel corso della procedura.

Sul punto il TAR Lazio ha osservato che, alla luce dei principi dettati dalla CGUE, l’applicabilità del limite del 30% al subappalto non può ritenersi generalmente applicabile, ma deve essere valutato in concreto se il ricorso al subappalto abbia effettivamente violato i principi di trasparenza, di concorrenza e di proporzionalità.

Allo stesso tempo, si è espresso nel senso della piena applicabilità del limite quantitativo del 30% ai contratti con valore inferiore a determinate “soglie”.

In particolare, secondo la pronuncia in questione, i suindicati principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea non possono trovare applicazione agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria (fissata, per gli appalti di lavori, in € 5.225.000).

Infatti, come stabilito dai giudici capitolini, con riferimento a un appalto non rientrante nell’ambito di applicazione delle direttive (in ragione del suo valore) la valutazione della compatibilità del diritto interno con quello comunitario può essere condotta solo con riferimento alle norme fondamentali ed ai principi generali del TFUE, mentre senza alcuna precisa motivazione a sostegno, non possono trovare luogo disposizioni di un interesse transfrontaliero.

In conclusione, un motivo in più per “differenziare” la normativa italiana da quella comunitaria in materia di subappalto.