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La nuova disciplina in materia di radioprotezione: quale impatto in ambito odontoiatrico?

18/11/2020
Silvia Pari

Con la recente entrata in vigore del D.Lgs. n. 101/2020 la materia della radioprotezione è stata riformata e adeguata alla disciplina comunitaria contenuta nella Direttiva Euratom 2013/59, con ricadute pratiche assai significative sull’esercizio dell’attività odontoiatrica.

Vediamo, in sintesi, quali.

Dopo avere richiamato, all’art. 1, comma 3, i principi fondamentali in materia di radioprotezione – ossia quelli di giustificazione, ottimizzazione e limitazione delle dosi – l’art. 2 espressamente dichiara che la disciplina contenuta nel Decreto si applica anche all’odontoiatria (dal momento che gli apparecchi radiologici abitualmente in uso presso gli studi dentistici hanno una differenza di potenziale superiore rispetto ai 5 kV previsti dalla norma).

Il D.Lgs. n. 101 entra, poi, nel vivo dell’attività medica – e, dunque, anche dell’odontoiatria, al Titolo XIII, dedicato, appunto, alle “Esposizioni Mediche”.

La norma centrale è, in tal senso, rappresentata dall’art. 159, il quale espressamente chiarisce, al comma 13, che “(…) le attività radiodiagnostiche complementari all'esercizio clinico possono essere svolte dal medico chirurgo in possesso della specializzazione nella disciplina in cui rientra l'attività complementare stessa, o dall'odontoiatra nell'ambito della propria attività professionale specifica. Nell'ambito di dette attività non possono essere effettuati esami per conto di altri soggetti o professionisti sanitari pubblici o privati, né essere redatti o rilasciati referti radiologici (…)”.

La maggiore novità è, tuttavia, rappresentata dal disposto dell’art. 161, chiamato a disciplinare la nuova figura del responsabile dell’impianto radiologico.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 159, comma 4, infatti, “(…) l’esercente ha l’obbligo di nominare il responsabile dell’impianto radiologico e fornirgli le risorse necessarie allo svolgimento dei suoi compiti (…)”.

In tal senso per “esercente” è da intendersi, secondo quanto indicato dall’art. 7, comma 1, “(…) una persona fisica o giuridica che ha la responsabilità giuridica ai sensi della legislazione vigente ai fini dell’espletamento di una pratica o di una sorgente di radiazioni (…)” mentre il “responsabile di impianto radiologico” può essere “(…) lo stesso esercente, qualora questo sia abilitato quale medico chirurgo o odontoiatra a svolgere direttamente l’indagine clinica” oltre che “(…) il medico odontoiatra, che non sia esercente, limitatamente ad attrezzatture di radiodiagnostica endorale con tensione non superiore a 70kV, nell’ambito della propria attività complementare (…)”.

Venendo agli obblighi, invero assai gravosi, che gli artt. 161 e seguenti pongono a carico della nuova figura del responsabile di impianto radiologico, gli stessi vanno dalla redazione e adozione di protocolli di riferimento per l’utilizzo di ciascuna attrezzatura, alla verifica circa il rispetto dei livelli diagnostici di riferimento, alla adozione di adeguati programmi di garanzia della qualità del sistema, alla corretta e tempestiva esecuzione dei controlli sul corretto funzionamento, al giudizio di idoneità sull’utilizzo clinico delle attrezzature medico-radiologiche, alla corretta implementazione e tenuta della documentazione interna relativa all’attività radiologica, alla adozione, ancora, delle misure utili a ridurre l’entità e la probabilità di assorbimento di dosi accidentali e/o indebite.

Appare di tutta evidenza, dunque, come i compiti della nuova figura istituita dal D.Lgs. n. 101/2020 siano assai pervasivi, comportando la necessità di effettuare una serie di valutazioni – dal punto di vista del bilanciamento costi-benefici – circa l’opportunità, soprattutto per le realtà medio-piccole, di mantenere l’attività radiologica complementare al proprio interno oppure di procedere alla sua esternalizzazione.