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I contenuti della responsabilita per colpa lieve secondo gli ultimi orientamenti della Suprema Corte

21/10/2013
Valeria Fabbri

SENTENZA CASS. CIV. 12 SETTEMBRE 2013 N. 20904/2013 – ARTT. 1176, 1218, 2236 C.C

Interessante in tema di responsabilità medica la recente sentenza della Corte di Cassazione 12 settembre 2013 n. 20904, con cui vengono chiariti i contenuti della responsabilità per colpa lieve della struttura sanitaria.
Il caso su cui la Suprema Corte si è pronunciata ruota attorno all’art. 2236 c.c. sulla responsabilità del prestatore d’opera, nella cui categoria rientra anche il medico.
L’art. 2236 c.c. introduce in favore del medico una limitazione di responsabilità di rilievo: e, cioè, ove la prestazione medica sia connotata da particolare difficoltà, il professionista risponde dei danni cagionati solo in caso di dolo o colpa grave. Ergo, non risponderà dei danni procurati per colpa lieve nell’erogazione della prestazione richiesta.
E così speravano di “cavarsela” i sanitari coinvolti nella vicenda in esame, ma la Corte di Cassazione non ha dato loro ragione.
Il fatto: il sig. X, ricoverato presso la struttura Y, veniva curato in base all’anamnesi fornita ai sanitari in sede di ingresso. I sanitari, pur nell’evidenza di un peggioramento progressivo, proseguivano nelle cure intraprese senza discostarsi dalle problematiche inizialmente denunciate dal paziente.
La superficialità dei medici portava così al decesso del paziente. In seguito, durante la causa intentata dai parenti della vittima, si accertava come la morte del paziente fosse stata determinata da un’infezione le cui cause, nel caso del sig. X, ben difficilmente avrebbero potuto essere individuate e, conseguentemente, curate con successo.
Di qui, secondo i giudici di primo e secondo grado, l’avverarsi dei “problemi tecnici di particolare difficoltà” utili a scagionare la struttura, la cui condotta nei confronti del paziente era stata ricondotta alla fattispecie della colpa lieve.
Tuttavia, come sopra anticipato, la Suprema Corte non si è trovata d’accordo per i seguenti motivi:
• iniziato il rapporto curativo, è onere del medico indagare sulla situazione psicofisica esistente in capo al paziente, senza chiaramente potersi “fermare” alle sole dichiarazioni rese dal malato in sede di ingresso in struttura;
• in questo senso, l’insorgere di complicazioni e/o di patologie di rara incidenza e/o difficili da diagnosticare – inquadrabili, come tali, tra le prestazioni di particolare difficoltà atte a far operare la scusante ex art. 2256 c.c. – scagiona il medico solo in caso di imperizia e non anche in caso di manifesta negligenza nell’erogazione delle prestazioni.
In applicazione di tali assunti, la Suprema Corte ha reputato che la struttura sanitaria, dimostratasi superficiale a partire dalle scarse e/o erronee indagini cliniche condotte, abbia tenuto una condotta a tutti gli effetti negligente e, come tale, non coperta dalla limitazione di responsabilità ai sensi dell’art. 2256 c.c.
Quest’ultimo, infatti, ci ricorda la Suprema Corte, opera solo in caso di imperizia, ma non anche in caso di negligenza manifesta.