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Decreto anticipi: esenzione iva per le prestazioni di chirurgia estetica se curative
Il nuovo Decreto Legge n. 145/2023 recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, convertito con modificazioni dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191, all’art. 4-quater, ha finalmente chiarito il regime di imponibilità IVA delle prestazioni di chirurgia estetica consentendo l’esenzione dell’imposta per quelle prestazioni ”volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica” a condizione, indispensabile, che la finalità terapeutica sia provata con apposita attestazione medica.
Prima dell’intervento del D.L. n. 145/2023, c.d. Decreto Anticipi, la possibilità di non applicare l’IVA alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica era oggetto di discussione, vediamo perché.
L’art. 10, n. 18, del D.P.R. n. 633/1972 consente l’esenzione dell’IVA per le prestazioni sanitarie di “diagnosi, cura e riabilitazione della persona” erogate “nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza […] ovvero individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.”.
I requisiti che devono ricorrere per l’applicazione dell’esenzione dell’imposta sono, quindi, tre:
- la finalità del servizio, che deve essere di diagnosi, cura e riabilitazione;
- Il soggetto che la riceve, che deve essere inquadrabile come paziente;
- Il soggetto che la eroga, che deve agire nell’esercizio della professione e arte sanitaria.
Riguardo i servizi di chirurgia estetica, certamente si ritrovano i requisiti soggettivi (paziente-ricevente, medico-prestatore), ma lo stesso non è sempre possibile dire rispetto allo scopo delle prestazioni: nel campo della medicina estetica, infatti, un intervento può avere tanto finalità curativa, quanto solamente cosmetica.
Sullo scopo delle prestazioni di chirurgia estetica, negli anni, è così intervenuta la giurisprudenza, comunitaria e nazionale, che non ha escluso tout court le stesse dal novero dei servizi sanitari esenti IVA, ma ha dettato i criteri per individuare quali prestazioni sanitarie estetiche hanno i requisiti richiesti ai fini dell’applicabilità dell’art. 10, D.P.R. n. 633/1972.
A partire dal livello comunitario, la Corte di Giustizia Europea nella sentenza del 21/03/2013, causa C-91/12, ha ammesso tra le prestazioni esenti IVA quelle che hanno “lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone;”.
Sempre la Corte precisa il valore delle convinzioni del paziente, le quali “non sono, di per sé, determinanti ai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia scopo terapeutico.”.
Tale interpretazione, condivisa da tempo dalla giurisprudenza nazionale (tra le più recenti si veda Cass. Civ. Sent. n. 26906/2022), è stata così accolta dal legislatore che, come visto, ha stabilito che anche le prestazioni di chirurgia estetica, se ricorrono i requisiti menzionati, possono pacificamente non essere soggette a IVA.
Alla previsione appena esaminata, il Decreto Anticipi, sempre all’art. 4-quater, aggiunge un adempimento in capo al medico/contribuente.
La finalità curativa della prestazione di chirurgia estetica deve essere dimostrabile per mezzo di documentazione sanitaria; ciò significa che il medico ha l’onere della prova della corretta applicazione dell’esenzione dell’imposta sul valore aggiunto, nonché il relativo incombente di procurarsi gli incartamenti utili a tale scopo.
In tal senso, la Corte di Giustizia Tributaria, con la sentenza n. 899/2023, offre delle precisazioni importanti per la corretta raccolta di siffatti documenti.
Secondo la Corte la documentazione sanitaria deve essere dettagliata, specifica, così da spiegare la finalità curativa, e deve recare il collegamento tra l’intervento, la documentazione fiscale (fatture) e il paziente.
In tal senso, non sono stati ritenuti idonei per la prova della finalità terapeutica di un intervento di chirurgia estetica gli incartamenti anonimi, poiché non comprovanti il legame tra paziente e la prestazione sanitaria.
Il medico, dunque, già dal momento della fatturazione della prestazione sanitaria, dovrebbe provvedere a farsi rilasciare dal paziente apposito consenso all’uso della sua documentazione medica in occasione di un eventuale controllo fiscale o giudizio.
In caso di omesso consenso da parte del paziente, si può arrivare a ritenere, come indicato dalla stessa Corte di Giustizia Tributaria nella sentenza menzionata, che la prestazione di chirurgia estetica debba essere assoggettata a IVA.