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ANCHE I NOMI DI DOMINIO POSSONO COSTITUIRE UN VEICOLO DI PUBBLICITA COMMERCIALE
Forse non tutti sanno che anche i nomi di dominio creati online possono, a determinate condizioni, essere considerati alla stregua di veri e propri messaggi pubblicitari, vediamo qui di seguito come e quando. La tematica è stata di recente affrontata dalla Corte di Giustizia dell’Unione, con la sentenza 11 luglio 2013 – caso C - 657/11. Il caso da cui ha tratto origine la sentenza della Corte riguarda due società belghe, attive nella commercializzazione di prodotti appartenenti alla stessa categoria merceologica e qui di seguito denominate società A e società B. La diatriba tra le due nasceva dal fatto che la società B, di più recente creazione, dava vita ad un sito internet online contraddistinto da un nome di dominio che riprendeva, in parte, la vera denominazione commerciale della società A. Ma non solo: oltre alla denominazione commerciale molto simile alla propria, la società A appurava come la società B avesse creato dei c.d. “metatags” riproducenti pressoché totalmente nomi di prodotti realizzati dalla società A ma di fatto, se utilizzati nei motori di ricerca, utili a collegare l’utente, non già al sito della società A, bensì allo spazio online della società B sopra menzionato. Reputando la creazione del sito, così come l’impiego di siffatti metatags, come esempi di pubblicità comparativa ingannevole svolta ai propri danni da B, la società A portava il caso all’attenzione delle Corti belghe, sia in primo che in secondo grado. La vicenda, approdata davanti all’equivalente della Cassazione italiana, è stata qui rimessa alla valutazione della Corte di Giustizia la quale, chiamata a pronunciarsi sull’eventualità che la creazione di un nome di dominio possa rientrare nella definizione di pubblicità ai sensi della Dir 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole e comparativa, ha svolto una fondamentale distinzione tra registrazione di un nome di dominio ed uso effettivo dello stesso. Secondo la Corte, la mera registrazione di un nome di dominio non costituisce di per sé uno strumento pubblicitario: questo perché, stando alla Corte, non è detto che il nome di dominio così creato venga poi effettivamente utilizzato per promuovere la fornitura di beni/ servizi in concorrenza. In sintesi, pertanto, se ci si ferma alla mera creazione di un nome di dominio, senza poi utilizzarlo concretamente, tutto bene: non si tratta, cioè, di un caso di pubblicità comparativa ingannevole. Tale condotta, producendo l’effetto di privare i concorrenti della possibilità di registrare ed utilizzare detto dominio per i propri siti, potrà, cioè, essere eventualmente inibita, ma non sotto la qualificazione giuridica di pubblicità comparativa ingannevole. Altra cosa è invece l’utilizzo concreto di un nome di dominio: quando cioè, si utilizza un sito per la promozione di beni/servizi, ecco che il corrispondente nome di dominio può costituire una forma di messaggio, statuisce la Corte. Più precisamente, un nome di dominio, quando facente riferimento a prodotti/servizi o anche al nome commerciale di una società, è in grado di suggerire ai consumatori potenziali che, eseguendo una ricerca sotto quella denominazione, sarà possibile approdare ad un sito internet in rapporto con quei prodotti/servizi e/o in riferito a quella società. In tal caso, stabilisce la Corte, un nome di dominio va considerato alla stregua di un messaggio pubblicitario. Stessa cosa per quanto attiene all’uso dei famigerati “metatags”: quando, cioè, tale forma di tag, relativa a nomi di prodotti/servizi di una azienda diversa da quella che li ha creati, è in grado di creare un collegamento confusorio tra le due società, trattasi di un messaggio pubblicitario indiretto, volto ad indirizzare la potenziale clientela verso una società che in realtà, con quei prodotti/servizi, non c’entra affatto.
CORTE GIUSTIZIA UE 11/7/2013, 3° C – 657/11