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ACCESSO AGLI ATTI: DUE CONTRADDITTORIE PRONUNCE
CONSIGLIO DI STATO, VI°, 28/9/2012 N. 5153 CONSIGLIO DI STATO, V°, 28/9/2012 N. 5132
A conferma che la materia riguardante il rapporto tra diritto d'accesso e riservatezza offre ancora spunti di riflessione e come non si sia ancora giunti ad una soluzione certa e condivisa sulla prevalenza dell'uno rispetto all'altro diritto (ed in quali condizioni), si commentano due recenti pronunce del Consiglio di Stato. Come noto entrambi i diritti (accesso e privacy) sono costituzionalmente tutelati e trovano una puntuale disciplina normativa, il primo nella Legge n. 241/90 ed il secondo nel D.Lgs 196/2003; nella legge sul procedimento amministrativo, all'art. 24 lettera d) è previsto che il diritto d'accesso debba essere escluso, qualora il documento di cui si richieda l'ostensione riguardi la vita privata o la riservatezza, salvo il caso, previsto al comma 7 del medesimo articolo, in cui la “conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. E' dunque necessario stabilire quale tra i due valori costituzionalmente garantiti possa ritenersi prevalente, in base al combinato delle due succitate disposizioni di legge nonchè effettuando un bilanciamento tra la tutela della sfera di riservatezza del controinteressato e le necessità difensive del richiedente l'accesso. Il primo dei due casi in esame, avente ad oggetto la richiesta d'accesso da parte di un insegnante agli atti del procedimento relativo al proprio trasferimento d'ufficio per “incompatibilità ambientale”, si era risolto con il provvedimento del Ministero dell'Università e della Ricerca che aveva concesso un accesso solo “parziale” ai documenti, il restante diniego riguardando l'indicazione dei dati anagrafici dei soggetti dichiaranti, le date dei singoli incontri nonché le dichiarazioni rese dagli altri insegnanti e dai genitori degli allievi, al chiaro fine di evitare l'automatica individuazione dei soggetti interessati. Il TAR Puglia aveva accolto il ricorso dell'insegnante, che richiedeva invece l'accesso “totale” a tutti i documenti contenuti nel suo fascicolo, sentenza che è stata tuttavia ribaltata dal Consiglio di Stato, secondo cui “E' vero che, in via generale, le necessità difensive sono ritenute prioritarie rispetto alla riservatezza di soggetti terzi ed, in tal senso, il dettato normativo richiede che l'accesso sia garantito comunque a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti [¡K], tuttavia D.Lgs. n. 196/2003 e art. 16 L. 15/05 specifica con molta chiarezza come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad un'effettiva necessità di tutela degli interessi che si assumono lesi ed ammettendosi solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile la conoscenza di documenti, contenenti dati sensibili e giudiziari”. Ferma dunque una valutazione “caso per caso”, ribadita anche in questa pronuncia, nel caso di specie “la docente interessata era stata messa in grado di conoscere fatti sufficientemente circostanziati” e la conoscenza di ulteriori dati non avrebbe trovato nessuna giustificazione in relazione ad un suo “maggior” diritto di difesa, già ampiamente esperibile attraverso ulteriori strumenti, ovvero tramite la produzione di nuovi documenti o testimonianze; il principio che viene dunque affermato è quello relativo all'assoluta necessità di tutela collegata al documento di cui si richiede la visione e non ad un “generico” interesse di difesa del soggetto. La seconda sentenza dei Giudici di Legittimità, pronunciatasi sull'appello proposto in materia di accesso agli atti riguardanti un esposto, sembra invece giungere a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle viste in precedenza; nel caso in questione, infatti, è stato stabilito come un soggetto che subisce un procedimento di controllo e/o ispettivo abbia un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti che l'amministrazione ha utilizzato per espletare il suo potere di vigilanza, compresi anche esposti o denunce. Quanto poi all'interesse qualificato del soggetto richiedente l'accesso, la Sez. V° ha osservato come la conoscenza integrale dell'esposto rappresenti uno strumento indispensabile per la tutela degli interessi giuridici del dipendente soggetto a procedimento disciplinare, in quanto egli potrebbe proporre eventualmente denuncia per calunnia a tutela della propria onorabilità. Così “ il soggetto che subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti utilizzati dall'amministrazione, compresi gli esposti e le denunce che hanno determinato l'attivazione di tale potere (CDS, Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 231). [...] “a tale ostensione non si può nemmeno opporre il diritto alla riservatezza, tanto più che l'ordinamento non attribuisce valore giuridico all'anonimato”. E' dunque legittimo chiedersi come sia possibile osservare due decisioni nella stessa materia che appaiono incompatibili ed opposte tra di loro e l'unica conclusione che può trarsi da queste diverse pronunce è come non possa ancora esservi ¨C in materia d'accesso - una risposta univoca ed una posizione consolidata della giurisprudenza in materia di accesso, nemmeno qualora esso venga ricollegato ad un'esigenza difensiva del soggetto richiedente, ragion per cui occorre misurare, caso per caso, “il grado di oggettiva utilizzabilità” del documento richiesto ai fini difensivi, non essendo sufficiente, in caso di documenti che possono incidere sulla sfera privata e sulla riservatezza, dare una motivazione generica e poco circostanziata.