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Contatto fisico “finalizzato alla cura” escluso dalle prove assunte

26/10/2013

Corte di Cassazione Penale- Sez. VI; Sent. n. 43225 del 22/10/2013

Libero l’odontotecnico sorpreso ad indossare un camice odontoiatrico in compagnia della paziente
Nelle condizioni descritte emerge una totale assenza di risultanze chiaramente individuabili, situazione che consente di ritenere che, ove l’interessato avesse esercitato il suo diritto al silenzio, non sarebbe stato possibile individuare nel concreto la condotta abusiva oggetto della contestazione”.

E’ quanto stabilito con la sentenza 22 ottobre 2013, n. 43225 della Corte di Cassazione –Sesta Sezione Penale. Il finto dentista può essere condannato per esercizio abusivo della professione qualora l’accusa riesca a provare il contatto fisico col paziente ed il tipo di attività svolta identificando in maniera univoca la condotta contestata.
IL CASO
Gli agenti del NAS sorprendono l’imputato odontotecnico nello studio dove lavorava solo con una paziente. L’attività di competenza del dentista e abusivamente svolta dall’odontotecnico non essendo stata concretamente individuata veniva desunta da una serie di circostanze quali l’abbigliamento e la presenza di un calco della protesi. Condannato a due gradi di giudizio di merito per aver svolto abusivamente l’attività professionale riservata al medico dentista la difesa dell’imputato propone ricorso per cassazione.

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

In particolare la Suprema Corte ha posto alla base dell’accoglimento del motivo di nullità rilevato la connaturata genericità della accusa di cui all’art. 348 c.p. che, quale norma penale in bianco, non prevede descrizione alcuna della condotta vietata. Delle due l’una: o è chiara la fattispecie normativa richiamata nel descrivere il comportamento sanzionabile o è chiaramente individuabile la condotta abusiva oggetto di contestazione. Nel caso di specie è emersa una totale assenza di risultanze chiaramente individuabili che combinata ad un eventuale esercizio del legittimo diritto al silenzio dell’interessato avrebbe reso impossibile l’individuazione della condotta abusiva.
Il risultato? Nullo il decreto di citazione a giudizio di primo grado, nulle entrambe le pronunce di merito, annullato il verdetto di colpevolezza insomma e trasmissione degli atti al PM per l’ulteriore corso. Per il futuro: “Beato l’uomo il quale, non avendo nulla da dire, si astiene dal dimostrare con le parole l’evidenza del fatto.