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I valori minimi della tabella ministeriale non sono il solo parametro da usare per verificare la congruità dell’offerta economica

18/04/2024
TAR Lazio, Roma Sez. I, 12/04/2024, nr. 7269

Ad una procedura negoziata (pre nuovo codice) bandita dagli Uffici Giudiziari di Rieti per l’affidamento in 24 mesi del servizio di vigilanza privata armata partecipavano solo due operatori.

La prima classificata veniva stata sottoposta a verifica della congruità dell’offerta ai sensi dell’art. 97, D.lgs. n. 50 del 2016. Il RUP chiedeva, in particolare, un’analisi giustificativa di tutte le voci che componevano l’offerta, con specifico riguardo all’importo degli oneri di sicurezza che risultava inferiore rispetto a quanto riportato nelle tabelle ministeriali.

 La verifica si concludeva positivamente comportando così, in favore della prima classificata, l’aggiudicazione definitiva che, tuttavia, veniva impugnata dalla 2° classificata sulla base delle seguenti motivazioni:

  1. l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura, in quanto nell’offerta veniva indicato un importo degli oneri di sicurezza inferiore a quello minimo previsto nelle tabelle ministeriali di riferimento;
  2. la stazione appaltante non avrebbe adeguatamente verificato gli importi relativi alle irregolarità fiscali dell’aggiudicataria;

III) la Commissione di gara avrebbe adottato un metodo irrazionale e illogico per l’attribuzione dei punteggi relativi ai diversi sub-criteri discrezionali nella valutazione delle offerte tecniche.

Per quanto concerne il primo motivo, agli occhi della ricorrente l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere estromessa dalla procedura di gara avendo indicato nell’offerta economica un importo degli oneri di sicurezza inferiore a quello minimo disposto dalle tabelle ministeriali di riferimento. L’aggiudicataria avrebbe infatti dichiarato di prevedere, quali oneri della sicurezza, una somma complessivamente troppo bassa per l’intero biennio di affidamento dei servizi di vigilanza.

La censura, tuttavia, non viene ritenuta fondata dal Giudice.

La congruità degli oneri per la sicurezza interna non può infatti essere ricavata, in modo automatico, dalle tabelle ministeriali, perché queste non costituiscono un parametro uniforme valido per ciascun operatore economico del settore (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2020, n. 4308).

Il solo fatto che gli oneri di sicurezza indicati dall’aggiudicataria fossero (in tesi) inferiori alla somma prevista dalla tabella ministeriale non può costituire, di per sé solo, un vizio della valutazione di congruità compiuta dal RUP.

Conseguentemente, il Collegio ha ritenuto che la valutazione di congruità degli oneri di sicurezza formulata dal RUP non fosse manifestamente irragionevole o illogica, non ricorrendo sufficienti elementi per poter ritenerla tale.

Con la terza censura, la ricorrente lamentava infine l’illogicità e irragionevolezza dei punteggi attribuiti dalla Commissione giudicatrice ai sub-criteri discrezionali per la valutazione delle offerte tecniche. 

Ad alcuni di questi criteri sarebbe infatti attribuito un punteggio fisso su base tabellare (sì/no), individuato dal disciplinare di gara, mentre per altri criteri veniva lasciata alla Commissione piena discrezionalità nell’attribuzione dei punteggi.

Secondo la ricorrente, i punteggi, così attribuiti ai vari sub-criteri, sarebbero stati irragionevoli e illogici, in quanto sproporzionati sia tra loro, sia rispetto al punteggio massimo stabilito dal disciplinare per ogni criterio, a causa del fatto che il differenziale esistente tra i quattro giudizi (“non adeguato”, “parzialmente adeguato”, “adeguato” e “più che adeguato”) risulterebbe sempre pari a 2 punti, a prescindere dal punteggio massimo attribuibile per ciascuno di essi. Ciò determinando, anche, un appiattimento dei punteggi verso l’alto, riducendo la differenza tra un livello di giudizio e l’altro.

Anche questa doglianza viene rigettata dal Collegio pur essendo suggestiva e abilmente articolata.

La scelta operata dalla stazione appaltante in merito ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compresa la disaggregazione del singolo criterio valutativo in sub–criteri, è infatti espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico.

Tale scelta è, quindi, sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale, cosa che, nel caso di specie, non si rinviene.