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In che misura la P.A. può e deve garantire il rispetto del principio di segretezza nelle gare telematiche?

05/12/2018

TAR Piemonte, sentenza n. 216/2018 

In un precedente articolo si preanunciava l’imminente obbligo, sancito normativamente, nell’uso di mezzi di comunicazione elettronici. Trascorso poco più di un mese dalla fatidica data si cerca ancora di comprendere quali soluzioni adotteranno le Stazioni Appaltanti per il futuro al fine di percorrere in autonomia la strada della gestione degli appalti telematici (es. individuazione di piattaforme di e-procurement oppure delega ad una Centrale di Committenza Qualificata o altro soggetto aggregatore di riferimento che abbia i necessari mezzi elettronici).

Una delle questioni che si pone con le procedure telematiche è la garanzia della segretezza in fase di offerta. Molti commentatori sostengono che la PEC, quale strumento elettronico di comunicazione, non sia affatto idoneo ad assicurare tale segretezza poiché permetterebbe in astratto di esaminare il contenuto delle offerte. Da qui la necessità di gestire la procedura di affidamento attraverso strumenti che consentano di preservare in ogni momento tale “segretezza” impedendo pertanto a chiunque (incluse le Stazioni Appaltanti) di poterne preventivamente verificare il contenuto.

La necessità di piattaforme di e-procurement che consentano di gestire le gare in modo interamente elettronico sorgerebbe da tale esigenza.

Fermo restando come l’adozione di piattaforme digitali da parte delle P.A. risulti indubbiamente necessaria e auspicabile al fine di velocizzare le procedure di gara e al fine di innovare un settore sino ad oggi abituato troppo ad usare la “carta”, vi è davvero una tematica legata al “principio di segretezza”?

L’invio a mezzo PEC di una offerta, debitamente firmata digitalmente e marcata temporalmente, dovrebbe, al pari di un qualsiasi plico consegnato nelle mani della Stazione Appaltante, far scattare quel legittimo affidamento affinché la P.A. provveda a custodire l’offerta stessa intatta sino al momento previsto per le aperture. Sostenere diversamente vorrebbe dire paventare l’idea che la stessa P.A. non sia in grado di costudire le offerte sino all’apertura buste.

Le linee di demarcazione del citato principio di segretezza vengono prese in considerazione dal provvedimento giudiziale del TAR Torino, oggi in commento, il quale va ad analizzare in concreto un caso di comunicazione elettronica ritenuta dalla Stazione Appaltante lesiva proprio del principio di segretezza.

Iniziamo con il dire che è certamente sotto gli occhi di tutti gli operatori economici l’utilizzo, oggi come in passato, dello strumento telematico nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica. Ciò ha indubbiamente comportato un aggiornamento della modalità partecipativa anche da parte delle concorrenti molte delle quali abituate nel passato alla predisposizione e deposito delle famose “buste cartacee”.

Occorre ribadire che l’articolo 40 del Codice Appalti è intitolato “Obbligo di uso dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento di procedure di aggiudicazione”. Il comma 2, come detto, prevede espressamente che a decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell'ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici.

Da tale data, dunque, tutte le P.A. sono obbligate ad utilizzare mezzi di comunicazione elettronica nell’ambito delle procedura di gara (con conseguente obbligo delle concorrenti di adeguamento in tale senso).

L’origine di tale obbligo, come già si leggeva nel precedente commento, è di stampo comunitario (DIR. 2014/24/EU).

Ci si chiede dunque oggi quali caratteristiche tali comunicazioni debbano avere e che impatto possono comportare sulla gestione della procedura da parte delle Stazioni Appaltanti.

È proprio l’articolo 52 del Codice Appalti a chiarire che le stazioni Appaltanti debbono rispettare la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione con evidente necessità che il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione sia esaminato soltanto DOPO la scadenza prevista per il termine di presentazione delle offerte.

La citata previsione potrebbe sembrare banale ad una prima lettura, ma dal lato pratico, come già anticipato, potrebbe ingenerare differenti interpretazioni e, di riflesso, problemi in fase partecipativa.

IL caso di Torino, riguardava una gara svolta esclusivamente in modalità telematica che senza dubbio prevedeva l’uso di comunicazioni e mezzi elettronici.

La lex specialis non disponeva alcun “termine ultimo” per la presentazione delle offerte telematiche, ma imponeva diverse “finestre temporali” entro cui le concorrenti avrebbero dovuto compiere alcuni atti ai fini partecipativi, nonché inviare le offerte precedentemente firmate e marcate temporalmente.

La procedura era suddivisa in tre step principali e successivi:
  1.  apposizione della firma digitale e marcatura temporale alle predisposte offerte entro un termine prestabilito, così da cristallizzare temporalmente sia l’offerta tecnica che quella economica divenendo le stesse, pertanto, immodificabili.
  2. Successivamente l’invio della attestazione della intervenuta marcatura, anche in questo caso entro una data ed orario prestabilito.
  3. Infine invio delle offerte, precedentemente firmate e marcate. 

La scelta di prevedere una finestra temporale successiva al termine per l’apposizione della firma digitale e la marcatura temporale, durante la quale risultava obbligatorio trasmettere la documentazione amministrativa e tecnica, era stata dettata, a dire della Stazione Appaltante, dalla necessità di assicurare il principio di segretezza delle offerte tecniche.

Accadeva però che una concorrente, per errore, provvedeva ad apporre correttamente la firma digitale e la marcatura temporale nei termini indicati dalla lex specialis ma contestualmente inviava la propria offerta firmata senza dunque attendere le successive finestre temporali previste. Per tale ragione la partecipante veniva esclusa poiché, a dire della P.A., essendo stata l’offerta inviata anticipatamente rispetto alle altre partecipanti, ciò avrebbe minato proprio il principio di segretezza.

Tecnicamente, quindi, non si criticava affatto la previsione di una preliminare firma digitale e marcatura delle offerte, poiché tale momento sancisce di fatto il completamento della documentazione/offerta, segnando l’esatto momento in cui si “chiudono le buste” con conseguente impedimento ai concorrenti di ogni ulteriore possibile modifica. La critica era nei confronti del momento di invio che, seppur avvenuto nei termini, non rispettava le finestre temporali previste.

Il timore della P.A. era, in sostanza, che la società di software che metteva a disposizione della Stazione appaltante la piattaforma informatica, seppur meritevole di fiducia, non poteva intendersi, in termini assoluti, inattaccabile da fonti terze, quali hackers, terzi concorrenti, nonché soggetti interni alla P.A.

Il caso è emblematico in quanto l’interpretazione della norma ad opera della Stazione Appaltante ha di fatto “scaricato” sulle partecipanti tutta una serie di ”aggravi” partecipativi al fine vedere garantita la segretezza delle offerte che essa stessa ammetteva di non poter garantire senza tenere conto però che proprio l’articolo 52 imporrebbe tale obbligo di rispetto di segretezza in capo alle amministrazioni le quali invece dovrebbero proprio offrire tale garanzia.

Se tuttavia si analizza il comportamento della società esclusa, ella non ha fatto altro che firmare e marcare correttamente e nei tempi previsti dalla lex specialis con ciò significando che se fossimo stati all’interno di una “ordinaria procedura di gara cartacea” ella non avrebbe fatto altro che “chiudere la busta” (ovvero firma e marca temporale) nei termini previsti, per poi nei medesimi termini inviare la propria documentazione di gara.

Ciò che infatti rileva nelle gare telematiche, e che quindi occorre accertare ai fini del rispetto del termine perentorio di presentazione delle offerte, non è tanto l’invio, quanto la marcatura temporale dei file firmati digitalmente contenenti gli elementi fondamentali per l’offerta.

In altri termini si potrebbe anche sostenere che firma e marcatura assicurano, di fatto, l’integrità del “plico” quale elemento sintomatico proprio del principio di segretezza (nonché di par condicio) di tutti i concorrenti.

La società esclusa, pertanto, impugnava il provvedimento della S.A. ritenendo non giustificata la previsione di una finestra temporale per la marcatura temporale e di una differente finestra temporale per il successivo invio ma, soprattutto, l’illegittima disposizione dell’esclusione in caso di mancato rispetto di dette finestre.

Una volta eseguite correttamente ed in termini firma e marcatura, infatti, il successivo momento d’invio della attestazione della marcatura e delle buste (amministrativa e tecnica) - comunque avvenuto sempre nei termini - non poteva in alcun modo incidere sulla regolarità della partecipazione e, conseguentemente, nessuna sanzione espulsiva poteva essere validamente assunta dalla P.A. ove la concorrente avesse – come nel caso de quo – provveduto all’inoltro di quanto sopra PRIMA del termine ultimo di scadenza.

In pratica ciò che conta è la completezza dell’offerta nonché il corretto e tempestivo invio.

Il TAR Piemonte accoglie le doglianze della concorrente ritenendo il sistema predisposto dalla lex specialis addirittura “paradossale” poiché di - fatto - volto a punire la partecipante che ha provveduto all’invio comunque tempestivo della propria offerta. Non si comprende dunque come l’invio “tempestivo”, ovvero prima di tutte le altre concorrenti, avrebbe potuto ledere il principio di segretezza ed influire sulle offerte delle altre concorrenti che, evidentemente, non potevano avere accesso all’offerta avversaria in quanto inviata unicamente alla Stazione Appaltante.

La teoria di possibili intrusioni informatiche da parte di terzi soggetti pare piuttosto una scusante volta ad eclissare il vero problema, ovvero l’impossibilità per alcune P.A. (anche probabilmente a seguito di deficit strutturali digitali) di poter garantire la segretezza così come ad esse imposto dalla normativa.

Ma ciò, può andare davvero a discapito delle concorrenti? La risposta negativa sembrerebbe essere arrivata dal TAR Torino il quale in un passaggio della sentenza afferma:

“..si deve tuttavia soggiungere che la segretezza delle offerte e la regolarità e correttezza delle operazioni di gara non pare possa essere messa in pericolo dal fatto in sé che taluno presenti la propria offerta prima della apertura della “finestra temporale”: infatti perché il rischio si concretizzi deve concorrere una ulteriore circostanza, e cioè il fatto che non sia ancora venuto a scadenza il termine per firmare e marcare digitalmente i files, poiché solo in tal caso i partecipanti alla gara eventualmente interessati a modificare la propria offerta, in funzione del contenuto di quella trasmessa anzitempo ed in ipotesi “violata”, sono concretamente in grado di farlo, non essendo ancora scaduto il termine per apporre in via definitiva la firma digitale e la marcatura temporale..”.

Le tematiche legate alla digitalizzazione degli appalti sono numerose e certamente foriere di ulteriori casistiche, essendo la materia innovativa ma anche foriera di possibili problematiche tanto per le Stazioni Appaltanti quanto per gli operatori economici.

Continueremo quindi, anche nelle prossime newsletter, ad un approfondimento delle varie tematiche digitali negli appalti partendo da ulteriori contributi derivanti da casi pratici.

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Rubrica "Appalti pubblici e digitalizzazione"

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