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Una nuova forma di gestione dei servizi sanitari: le piattaforme on line. Cosa prevede la disciplina nazionale?

01/07/2020
Camilla Anderlini

Le piattaforme di sanità digitale sono una realtà nota e nel nostro paese si stanno sviluppando società che utilizzano tali piattaforme per erogare una vasta serie di servizi sanitari digitali.

Nei fatti la società che gestisce la piattaforma mette a disposizione via web (ad esempio) servizi di prenotazione di visite mediche presso strutture sanitarie terze, attività di consegna farmaci a domicilio, nonché prestazioni di telemedicina e app medicali.

Un nuovo profilo di tale offerta - che si è sviluppato in particolar modo in fase di emergenza COVID - è la possibilità di erogazione diretta di attività sanitarie (con l’intervento di soggetti abilitati alla professione) da parte di una società che gestisce la piattaforma.

Sotto questo profilo appaiono rilevanti due profili di indagine: uno inerente la disciplina del commercio elettronico e l’altro attinente l’aspetto autorizzativo.

Quanto alla prima questione, ci si deve chiedere se la normativa in materia di e-commerce sia applicabile alle prestazioni sanitarie.

Sul punto, è rilevante la Direttiva n. 2000/31 (recepita con D.Lgs n. 70/2003) che include espressamente nell’ambito del commercio elettronico anche i servizi e le prestazioni professionali (tra cui anche quelle sanitarie), con l’obiettivo di incentivare la libera circolazione dei servizi entro il territorio dell’Unione.

Ciò implica che l’erogazione di attività sanitaria potrà essere strutturata liberamente nelle modalità (quindi fisiche o in via informatica) a patto di rispettare i principi generali della materia.

Sotto tale profilo rileva svolgere alcune considerazioni circa gli aspetti autorizzativi. Sul punto quindi ci si chiede: la società che non gestisce il personale sanitario, ma che propone il software, può erogare prestazioni sanitarie? E in tal caso avrà bisogno di richiedere l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria?

Al momento la disciplina nazionale comprende previsioni espresse per le strutture sanitarie fisiche: invero, perché un ente sia idoneo a prestare attività sanitaria lo stesso dovrà mettere in atto adeguamenti strutturali, oltre che organizzativi e tecnologici (come prescritto dal D.lgs 502/1992 e dal DPR 14 gennaio 1997).

Nel caso della telemedicina invece si è privi di un immobile entro cui espletare il servizio: lo spazio in cui avviene la prestazione è totalmente virtuale.

Ora, sotto il profilo strettamente giuridico la circostanza che non sia stata emanata una disciplina specifica non implica un divieto a svolgere tale attività, ciò che in realtà rileva è che non esiste un divieto legislativo espresso. In altre parole: pur in carenza di disciplina specifica, non sussistendo un divieto espresso l’attività potrà essere espletata nel rispetto dei principi generali della materia.

Ne deriva che se la società garantisce l’idoneità tecnologica della piattaforma e la collaborazione con medici abilitati (o strutture sanitarie autorizzate) ai fini dell’erogazione della prestazione sanitaria, la stessa potrà sia proporre detto servizio, facendo ovviamente svolgere la prestazione da soggetto abilitato ed iscritto ad apposito albo professionale.

In conclusione, lo scenario che emerge è quello di una nuova modalità di erogazione di servizi sanitari, che non riceve espressa disciplina dal legislatore, ma che può comunque essere erogata nel rispetto dei principi generali.

Rubrica "Sanità Digitale e Intelligenza Artificiale"

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