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Il concetto di “stato dell’arte” nella valutazione clinica dei DM: facciamo chiarezza
Come già si è avuto modo di sottolineare nei precedenti articoli, la valutazione clinica dei dispositivi medici è quel processo, sistematico e programmato, atto a produrre, raccogliere, analizzare e valutare in maniera continuativa i dati clinici relativi a un dispositivo e ciò al fine di monitorarne e verificarne la sicurezza e le prestazioni nonché i benefici clinici (articolo 2, punto 44). In sostanza è il procedimento che permette di dare prova del rispetto dei requisiti di sicurezza e prestazione del Dm ai sensi dell’allegato I.
La definizione
Ora proprio l’allegato I al punto 1 stabilisce che i Dm “sono sicuri ed efficaci e non compromettono lo stato clinico o la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di altre persone, fermo restando che gli eventuali rischi associabili al loro utilizzo sono accettabili, considerati i benefici apportati al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza, tenendo conto dello stato dell’arte generalmente riconosciuto”. Quindi sicurezza, prestazione e accettabilità del rischio non sono (ovviamente) richiesti in termini assoluti, ma in relazione allo “stato dell’arte” conosciuto al momento della apposizione della marcatura del Dm.
I parametri
E infatti, coerentemente, il Piano di valutazione clinica previsto dall’allegato XIV, Parte A, deve comprendere “un elenco indicativo e specificazione dei parametri da applicare per determinare, secondo lo stato dell’arte in campo medico, l’accettabilità del rapporto benefici-rischi per le varie indicazioni e la destinazione d’uso del dispositivo”. L’importanza di tale nozione appare poi ancor più chiara ove si prenda atto che anche la direttiva generale sulla responsabilità da prodotto difettoso – Dir 85/374/CEE – all’articolo 7 lett. e) stabilisce che il prodotto non può considerarsi difettoso ove “lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l’esistenza del difetto”. In sostanza stabilire lo “stato dall’arte” servirà non solo a dimostrare che il Dm è rispettoso dei requisiti dell’Allegato I dell’Mdr, ma anche che lo stesso non può considerarsi “difettoso” (e quindi non può dar luogo a risarcimento al danno).
Che cos’è lo stato dell’arte?
Il Mdr non contiene una definizione esatta di tale concetto. Un aiuto però può venire dalla Meddev 2.7 / 1 rev 4. Tale documento infatti al capitolo 8 definisce quali sono i “dati pertinenti” e suddivide gli stessi i due tipologie: i dati generati e detenuti dal fabbricante e i dati reperiti dalla bibliografia.
I dati reperiti dalla bibliografia
La ricerca bibliografica viene utilizzata per identificare i dati non detenuti dal produttore che sono necessari per la valutazione clinica. La ricerca bibliografica identifica potenziali fonti di dati clinici per stabilire:
- Dati clinici rilevanti per il dispositivo in esame, che sono dati relativi al dispositivo in esame o al dispositivo equivalente (se si richiede l’equivalenza).
- Conoscenza corrente/stato dell’arte.
- descrivere il background clinico e identificare l’attuale conoscenza/ stato dell’arte nel corrispondente campo medico.
- Identificare potenziali pericoli clinici (compresi i rischi dovuti a sostanze e tecnologie, procedure di fabbricazione e profili di impurezza).
- Giustificare la validità dei criteri utilizzati per la dimostrazione di equivalenza (se si dichiara l’equivalenza).
- Giustificare la validità degli endpoint [punto finale, risultato] surrogati (se vengono utilizzati endpoint surrogati).
Chiaro quindi che lo “stato dell’arte” (o conoscenza corrente) è visto come lo standard considerato migliore in quel momento storico. La nozione richiede però alcune valutazioni.
Alcune valutazioni da fare
Il primo punto su cui soffermarsi è la parola “corrente” non chiarisce bene il lasso temporale di tale “conoscenza”. Peraltro è innegabile che – specie per prodotti che sono in commercio da anni – vi sia la tendenza a fare pieno affidamento sui dati già esistenti, indipendentemente dal momento storico in cui tali dati sono stati raccolti o dalla qualità dei dati stessi. Ora il nuovo quadro giuridico introdotto dal Mdr sembra non ritenere più legittimo tale atteggiamento, suggerendo invece la necessità giuridica, in tali casi, di aggiornare i dati attraverso un un Post marketing clinical follow up.
Quindi la circostanza che il Dm sia in commercio da tempo e che già esistano dati bibliografici non appare sufficiente specie se tali dati sono troppo risalenti.
Tale considerazione si rafforza ancora di più se si considera il richiamo alle “alternative terapeutiche”.
Alternative terapeutiche
La Meddev 2.7 rev 4 stabilisce infatti che la determinazione dello stato dell’arte deve includere “dati relativi a… componenti critici e alternative mediche”.
Tale previsione richiede di allargare l’analisi non solo all’esistenza di altri Dm con destinazione analoga, ma anche alla presenza o meno di opzioni diagnostiche e terapeutiche, magari neppure esistenti alla raccolta dei dati bibliografici su cui si vuole basare la valutazione clinica.
Occorrerà quindi allargare la ricerca bibliografica, anche alle opzioni di trattamento alternative. Sul punto si precisa poi che le “alternative diagnostiche o terapeutiche” devono espressamente essere riportate nella Sintesi relativa alla sicurezza e prestazione clinica (articolo 32) che deve essere redatta per i DM impiantabili e di classe III.
Popolazione di pazienti
Ultima considerazione riguarda il richiamo “alle specifiche condizioni mediche e alla popolazione di pazienti che saranno trattati con il dispositivo”.
Sotto questo profilo occorre considerare che lo “stato dell’arte” potrà essere diverso a seconda del tipo di popolazione o della condizione specifica del trattamento. Ad esempio un dispositivo da utilizzarsi in situazioni di emergenza sarà diverso dallo stesso dispositivo da utilizzarsi in situazioni di routine.