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JOBS ACT AUTONOMI: le tutele per i professionisti sanitari

30/05/2017

Articolo pubblicato su Il Sole 24ore- Sanità

Su gentile concessione dell'editore pubblichiamo la versione integrale dell'articolo

Il 10 maggio scorso il Senato ha approvato il c.d. Jobs act del Lavoro autonomo (disegno di legge n. 2233-B). Il provvedimento si compone di due insiemi di norme: il capo I è dedicato alla tutela del lavoro autonomo, mentre il capo II introduce all'interno dei rapporti di lavoro subordinato modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative in termini sia di allocazione del dipendente che di tempi di lavoro, il c.d. "lavoro agile".

Tralasciando in questa sede la parte del lavoro subordinato, concentriamoci sulle novità relative al lavoro autonomo. Il punto cardine della rifonna è l'introduzione di tutele a favore del professionista autonomo: abbandonata cioè l'idea che il professionista è un contraente forte e che quindi è in grado di dettare legge (e preso invece atto, al contrario, che che nella nostra società le figure professionali sono "operatori economici" come gli altri e che molto spesso sono strangolati dalla competizione e dal mercato), il legislatore interviene per tutelare tali figure in sede di contrattazione, stabilendo norme per cui non sono ammessi patti contrari.Il professionista dunque, pur mantenendo le sue peculiarità, viene tutelato alla stregua di una "piccola impresa" (sull'onda ormai crescendo del diritto comunitario che non vede la distinzione - tipica del nostro ordinamento - tra professione e impresa).

La riforma si applica poi anche a tutte le professioni intellettuali, indipendentemente dal fatto che siano o meno dotate di Albo professionale: per la sanità si applica cioè a tutti i medici ed altresì a tutti le professioni sanitarie c.d. profilate, indipendentemente dal fatto che svolgano la loro attività in forma libero professionale o parasubordinata (articolo 1).

Capito l'ambito di applicazione vediamo le principali novità.

L'articolo 2 estende l'applicabilità del Dlgs 231/2002, sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, anche ai lavoratori autonomi: ciò significa che l'importo dovuto al sanitario per l'attività svolta deve essere pagato in 30 giorni (estendibili fino a 60 giorni purché il termine sia pattuito per iscritto e non sia gravemente iniquo per il creditore); la disciplina si applica a tutti i rapporti tra sanitari e imprese e sanitari e pubbliche amministrazioni. Il mancato rispetto del termine di pagamento comporta il diritto a vedersi corrispondere i c.d. "interessi legali di mora" dal giorno successivo alla scadenza del termine, senza necessità di messa in mora. Sono poi considerata abusive (e quindi nulle) le clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali e di recedere dal contratto senza congruo preavviso.
Sono inoltre abusive le clausole che prevedono un termine di pagamento superiore ai 60 giorni e altresì il rifiuto del committente di redigere in forma scritta il contratto con il lavoratore autonomo. Allo scopo poi di facilitare il recupero dei crediti dei lavoratori è stata infine apportata una modifica all'articolo 634 del Cpc, ai sensi del quale costituiscono prova scritta per l'ottenimento di un decreto ingiuntivo di prova scritta per l'ottenimento di un decreto ingiuntivo di pagamento le scritture private autenticate dei soggetti che esercitano un'attività commerciale e ora anche "dei lavoratori autonomi". Contemporaneamente sono state rafforzate alcune tutele giuslavoristiche quali riconoscimento della prestazione di disoccupazione mensile anche agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio, possibilità per le lavoratrici (autonome) madri di poter regolarmente emettere fattura anche durante il periodo di congedo ecc).
Da ultimo il tema dell'eterodirezione contenuto nella legge quadro 81/2015. Vale a dire: chi deve organizzare il rapporto di lavoro? Chi deve eterodirigerlo? quando l'eterodirezione trasforma il rapporto autonomo in un rapporto dipendente? Oggi infatti è molto più chiaro che la prestazione professionale deve essere organizzata dal lavoratore autonomo, rimanendo in capo al committente la (sola) possibilità di indicare le proprie esigenze, ma non potendo invece incidere su come il proprio "consulente" debba organizzare appunto il proprio lavoro, esclusivo appannaggio di quest'ultimo, necessaria quindi una revisione dei contratti e delle modalità di lavoro allo scopo di evitare la richiesta del riconoscimento di lavoro dipendente.

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