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MODELLO 231 ED INFORTUNI SUL LAVORO: cosa accade alla societa in caso di mancata adozione del modello organizzativo?

22/02/2017

Trib. di Rimini, 24/11/2016, n.1877/16

La sentenza in commento offre un interessante spunto di riflessione in tema di 231 ed infortuni sul lavoro.

Il D. Lgs. 231/01, come noto, prevede che l’adozione di un modello idoneo ed adeguato a prevenire la commissione dei reati presupposto della responsabilità dell’ente (quali sono le lesioni colpose gravi con violazione della normativa in tema di sicurezza sul lavoro occorse nel caso in esame) escluda l’insorgenza dell’illecito a carico della società. Adottare un modello efficace (seppur non obbligatorio) significa mettersi al riparo da sanzioni pecuniarie ed interdittive (e non solo) che possono avere effetti dirompenti sull’assetto aziendale.

Ma se il Modello non c’è, cosa accade ? Quale il comportamento che dovrà assumere l’azienda “dopo il fatto”?

Il caso in esame vedeva una società (che si occupava della produzione di funghi) imputata ai sensi del d.lgs. 231/2001 (in assenza dell’adozione di un modello) per le lesioni colpose gravi cagionate ad una lavoratrice, per la messa a disposizione di un macchinario (pedana elevabile accessibile da una scala metallica) non dotato dei requisiti essenziali di sicurezza.

La società - nell’immediatezza - si adoperava non solo per eliminare le conseguenze pericolose del reato (adeguando prontamente la macchina secondo le prescrizioni dell’Ausl), ma altresì per risarcire integralmente il danno alla persona offesa. Circostanze queste che consentivano all’ente di “patteggiare”, limitando ai minimi la sanzione pecuniaria irrogabile.

Senza dubbio, in ipotesi di mancata adozione del Modello efficace (unico strumento che consente alla società di uscire indenne dal processo), la strada del “patteggiamento” da parte dell’ente si rivela percorribile, e a tratti auspicabile, soprattutto se l’azienda si sia poi attivata per “sanare i propri errori”.

Non va dimenticato, difatti, che il ristoro dei danni e l’eliminazione degli effetti dannosi del reato -e/o l’adozione ex post di un modello efficace - consentono non solo la riduzione della sanzione pecuniaria (tradotta in quote), ma allontanano lo spettro delle sanzioni interdittive, qualora l’ente metta a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

Quale sia poi il “profitto” della società in ipotesi di infortuni sul lavoro la giurisprudenza (e i datori … …) se lo sono spesso domandati: si può davvero pensare che una società si avvantaggi perdendo forza lavoro? Se la domanda fosse posta all’interno di una realtà aziendale la risposta sarebbe scontata. Peccato che la Cassazione (in ultimo le Sezioni Unite, n. 38343/2014) abbia ribadito - come in caso di reati colposi - il profitto oggetto di confisca si identifichi “nel risparmio di spesa che si concreta nella mancata adozione di qualche oneroso accorgimento di natura cautelare o nello svolgimento di una attività che risulta economicamente favorevole, anche se meno sicura di quanto dovuto”. Una riflessione sul punto forse sarebbe auspicabile.