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Grave illecito professionale: il Consiglio di Stato rinvia alla CGUE la questione circa la “necessaria contestazione in giudizio dell’intervenuta risoluzione contrattuale”

06/09/2018
Fabio Caruso

Cons. Stato, V, ord. 23/8/2018 n. 5033

Come noto l’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 individua le cause d’esclusione dalle gare per mancanza dei cd. requisiti di moralità e, fra dette, il comma 5° annovera una lunga serie di “situazioni” (elencate con differenti lettere alfabetiche) in cui può essere incappato l’operatore economico fra cui, alla lett. c), viene indicato il cd. “grave illecito professionale”.

Il Legislatore ha sottoclassificato a sua volta detto motivo d’esclusione in (almeno) 4 differenti fattispecie, fra cui la prima risulta essere “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto [.] che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio ovvero confermata all’esito di un giudizio”.

Tale disposizione, dunque, si riferisce ai casi di “grave” risoluzione anticipata di un contratto di natura “definitiva”, ovvero nel caso in cui l’operatore economico vi abbia prestato acquiescenza oppure detta risoluzione sia stata confermata all’esito di un giudizio.

Il Consiglio di Stato ha di recente dovuto affrontare una questione relativa all’esclusione di una società che si era aggiudicata una gara ma che poi, all’esito dei controlli sulla sua offerta, era risultata esclusa in quanto aveva subìto una risoluzione anticipata “per grave inadempimento” di un contratto avente ad oggetto un servizio del tutto identico a quello dedotto in gara.

La società appellante impugnava la sentenza di 1° grado che confermava la sua esclusione in quanto, a suo dire, non corrispondeva affatto al vero la circostanza per cui l’anticipata risoluzione “non dichiarata” sarebbe da considerarsi “definitiva”, dal momento che la stessa risultava ancora sub judice e comunque ancora nei termini per essere impugnata dinanzi al giudice ordinario.

Prendendo dalla suddetta questione il Collegio ha ritenuto di ravvisare un potenziale contrasto tra la disposizione nazionale - art. 80 comma 5° lett. c) D.Lgs. n. 50/2016 - e quella comunitaria - art. 57, par. 4 Direttiva 2014/24 UE - che, pur facendo sempre riferimento ai “gravi illeciti professionali” quali legittime cause d’esclusione, purtuttavia non pone alcuna condizione di procedibilità in relazione alla “contestabilità” in giudizio della situazione pregressa.

Così come formulata, secondo i giudici del Consiglio di Stato, la disposizione nazionale arriva alla conseguenza - paradossale - di far dipendere la rilevanza o meno di un’intervenuta risoluzione contrattuale – e quindi della sua “dichiarabilità” - dalla scelta dello stesso operatore economico circa l’impugnazione di detta risoluzione assunta ai suoi danni.

Per questo è stato ritenuto opportuno rimettere la questione alla CGUE, che dovrà pronunciarsi in ordine alla compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, della disposizione nazionale che stabilisce come “in caso di illecito professionale che abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o confermata all’esito di un giudizio”.

Nel caso in cui i Giudici Comunitari accertassero tale incompatibilità, verrebbe a quel punto a decadere qualsiasi distinzione in merito all’impugnazione o meno della risoluzione contrattuale.

Staremo a vedere.